Berlusconi, condanna confermata
Tempo di lettura: 2 minutiPesante condanna per Silvio Berlusconi nell’appello per il reato di frode fiscale connessa alla compravendita di taluni diritti televisivi di Mediaset: quattro anni di reclusione e oltre cinque di interdizione ai pubblici uffici. Confermata, quindi, la sentenza di primo grado. La prescrizione del reato è prevista per il luglio del prossimo anno, dunque l’unica possibilità che resta al Cavaliere è l’annullamento della sentenza in Cassazione. Una sentenza anomala, come d’altronde accaduto in primo grado, in quanto è stato assolto il presidente di Mediaset Fedele Confalonieri: come se in un omicidio su commissione fosse condannato il mandante e non il sicario.
Pesante anche la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, che farebbe decadere Berlusconi dal Parlamento e ne impedirebbe una nuova candidatura. Insomma, se la sentenza venisse confermata cambierà il quadro politico dell’Italia, dal momento che il centrodestra dovrebbe assumere una nuova fisionomia. Se si fa uno screening degli attuali esponenti di questo schieramento politico non c’è molto da stare allegri. È una considerazione che gli avversari politici di Silvio Berlusconi evidentemente evitano, immaginando che l’uscita di scena del Cavaliere li porterebbe automaticamente al governo per i prossimi venti anni. Ma è solo una illusione (non eccessivamente pia). Forse una riflessione ulteriore favorirebbe una maggiore lucidità.
Comunque, al di là di quanto accadrebbe nel centrodestra con l’uscita di scena del padre fondatore, se la condanna venisse confermata il rischio di un abbreviamento dell’attuale governo è altissimo. La tregua raggiunta con le attuali larghe intese sarebbe così di breve durata e ricomincerebbe quella guerra civile che da circa vent’anni imperversa in Italia (da tangentopoli ormai) e che ha messo l’Italia in ginocchio. Ad oggi Berlusconi è cauto, spiega di non voler far cadere il governo e confida nella Cassazione. Per il momento, dunque, la pacificazione tiene.
Nello stesso giorno è stato rinviato a giudizio Formigoni per le vicende legate alla Maugeri e al San Raffaele: i magistrati accusano l’ex governatore lombardo di aver favorito queste strutture in cambio di favori attraverso la mediazione di Daccò (ancora in carcere). È una querelle controversa, della quale è difficile immaginare la conclusione.