Duello Bersani-Monti su Montepaschi
Tempo di lettura: 2 minuti«Per il bene di tutti dobbiamo tenere i partiti lontani dalle banche», ha dichiarato duro Mario Monti, cavalcando lo scandalo del Monte dei Paschi di Siena in funzione anti-Pd. Replica altrettanto dura di Bersani, che ha risposto «Sono d’accordo dieci volte. Io aggiungo anche: via i banchieri dai partiti».
Al di là delle polemica elettorale, questo scambio di battute desta perplessità: se è vero che l’ingerenza della politica nelle banche può portare a deviazioni, sembra si dia quasi per assodato che il mondo bancario sia qualcosa di immacolato, che deve essere preservato dal contagio della stessa. È vero che la campagna elettorale obbliga a parlare per slogan e certo i due contendenti sono ben consapevoli della realtà e, magari, in altre circostanze hanno espresso con più chiarezza il loro pensiero sulla questione. Ma sarebbe utile qualche chiarificazione.
Siamo talmente abituati alle critiche contro la politica, con le sue devianze a volte criminali, che frasi del genere sembrano assodate. Eppure il problema è tutt’altro ed è che il mondo delle banche è quanto di più marcio esiste nel Paese, al confronto del quale la politica sembra un parco di educande.
Basta pensare agli interessi bancari applicati a chi cerca prestiti, che normalmente sono di poco, molto poco per la verità, inferiori a quelli usurai tecnicamente detti. Quelli, per intendersi, per i quali è prevista la consumazione di un reato. E qui siamo ancora nel campo del lecito.
Sempre per rimanere nel campo del lecito, è in questo mondo che vengono poste in essere operazioni ardite e, grazie ai nuovi strumenti finanziari, sempre più arrischiate con soldi di altri, ovvero dei risparmiatori. Valenti funzionari comprano titoli, obbligazioni, azioni in tutto il mondo investendo denaro altrui. I guadagni frutteranno lauti premi agli operatori, le perdite, quando non sono coperte da altre operazioni virtuali, invece non hanno padri. Semplicemente restano a carico della banca, che poi, se troppo in sofferenza, verrà aiutata dallo Stato, quindi ancora facendo ricorso ai soldi dei contribuenti.
Finiamo, come esempio di una carrellata che potrebbe spaziare ben oltre, con il riciclaggio. E qui stiamo nel campo che dovrebbe essere illecito, ma che difficilmente viene alla luce. Repubblica di oggi pubblica un documento della guardia di Finanza che parla del riciclaggio operato dalle banche: si tratta di una vera e propria «holding che è oggi la prima azienda del Paese, davanti a colossi della capitalizzazione come Eni, Enel, Unicredit, Intesa san Paolo». Sintetizza ancora Repubblica: «Un’impresa – documenta ancora la Finanza – che ha ormai una dimensione pari al 10 per cento del nostro Pil (statisticamente esattamente il doppio di quanto uno studio del Fondo Monetario ha calcolato che pesi il riciclaggio nelle economie mondiali). In grado, dunque, soltanto nei nostri confini, di “produrre” 410 milioni di euro al giorno, 17 milioni di euro l’ora, 285mila euro al minuto, 4.750 euro al secondo. Che lava e riveste in “prodotti finanziari” il frutto dell’evasione fiscale (…), come i patrimoni illeciti della criminalità organizzata, il traffico di stupefacenti».
Insomma se i partiti devono tenersi alla larga dalle banche, è pur vero che la politica, i rappresentanti del popolo scelti tramite elezioni, dovrebbero invece controllare da presso, con strumenti adeguati, quello che succede in questo mondo così bizzarro, dove pochi eletti giocano con il destino di moltitudini.