Egitto, parte la difficile transizione
Tempo di lettura: 2 minutiL’economista Hazem El Beblawi è il nuovo premier egiziano. È stato designato ieri da militari e opposizione. Guiderà un governo di tecnocrati che dovrebbe essere costituito nei prossimi giorni e che dovrebbe portare il Paese a varare una nuova Costituzione e indire nuove elezioni. I tempi stabiliti sono quattro mesi, ma sarà difficile che vengano rispettati. Vice-premier è il nobel per la pace El Baradei, con deleghe ai rapporti con l’estero. Scelta che è segnale di speranza: sia perché i salafiti alla fine hanno accettato il suo nome, nonostante sia figura a loro non gradita; sia perché ha una caratura internazionale di certo livello e può permettere all’Egitto di rapportarsi in maniera proficua con il resto del mondo.
Se non un segnale di svolta, certo la nomina di ieri, nel giorno in cui iniziava il Ramadan, è una buona notizia perché segna un arretramento dei militari (quanto di facciata si scoprirà nel tempo) e il ritorno del Paese a una guida politica.
Restano i problemi, anzitutto quello dei Fratelli musulmani, che ancora non hanno accettato la destituzione di Morsi. Ma ieri non si sono registrati incidenti di rilievo, segno che si sta svolgendo un dialogo sottotraccia: probabilmente la Fratellanza sta negoziando la fine della persecuzione nei loro confronti da parte dei militari e un ritorno nell’agone politico. Ma anche il problema economico finanziario: l’Egitto è sull’orlo della bancarotta e servono aiuti urgenti. Da questo punto di vista si sono mossi Arabia Saudita e Emirati Arabi, che hanno aperto i rubinetti, concedendo prestiti per miliardi. Un ausilio non disinteressato: i due Paesi arabi cercano di favorire l’ascesa al potere dei salafiti, finora in minoranza, per garantirsi un’influenza in Egitto, finora negata. Alle prossime elezioni potrebbero essere proprio i salafiti a prendere il potere, in un rimescolamento del quadro del Medio Oriente foriero di diversi sviluppi. Alcuni positivi, altri meno, ma è ancora presto per tracciare scenari.
Resta che il mondo ieri ha respirato: il protrarsi degli scontri e della reggenza dei militari aveva fatto tremare tutto il Medio Oriente. Qualcosa è cambiato, in positivo.