La Consulta dà ragione al Colle
Tempo di lettura: < 1 minuteLa Corte Costituzionale ha deciso: le intercettazioni del Capo dello Stato operate dalla procura di Palermo nell’ambito dell’indagine sulla trattativa Stato – mafia dovevano essere distrutte. Si tratta di conversazione telefoniche tra l’imputato Nicola Mancino, ritenuto dai pm di Palermo uno dei protagonisti del negoziato Stato mafia, e il consulente giuridico del Quirinale Loris D’Ambrosio, nelle quali si dava conto di parole e opere di Napolitano in merito all’inchiesta. Colloqui che i pm avevano ritenuto che non dovessero rientrare nell’immunità, anche telefonica, di cui gode il Capo dello Stato durante il suo mandato e che invece erano state ritenute illegittime dal Colle. Il quale aveva fatto ricorso alla Consulta, che gli ha dato ragione su tutta la linea.
Tra l’altro, ai pm di Palermo è stata mossa una critica sostanziale: queste intercettazioni dovevano essere distrutte subito, senza contraddittorio. Un rilievo forte all’operato dei magistrati che, invece, hanno conservato i nastri in cassaforte in attesa di dirimere la questione.
I pm di Palermo hanno parlato di una sentenza già scritta, d’altronde che fosse questo l’esito di questa controversia era nell’aria. Si attendono le motivazioni della sentenza che, forse, potrebbero riservare ulteriori sorprese. Possibile una qualche censura dei magistrati di Palermo foriera di nuove controversie.
La decisione della Consulta, di fatto, è un nuovo colpo che subisce l’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia, che ha tentato di far luce sulla stagione delle stragi, durante la quale furono uccisi i magistrati Falcone e Borsellino. Dopo l’addio di Ingroia all’inchiesta (indagherà sulla criminalità in Guatemala), che era un po’ il motore delle indagini, un nuovo rovescio. Sempre più probabile che il lavoro dei magistrati finisca in un tunnel oscuro.