Letta mette i partiti a dieta
Tempo di lettura: 2 minutiSi delinea il primo provvedimento messo a punto dal governo, che dovrebbe portare alla cancellazione del finanziamento pubblico ai partiti: dal 2017 i partiti saranno finanziati da donazioni volontarie dei cittadini tramite un meccanismo analogo a quello del cinque per mille (nel caso specifico un due per mille); inoltre sono previste agevolazioni fiscali per le libere donazioni; altre agevolazioni, infine, sono previste per le varie attività politiche quali affitto sedi, telefonia, sale congressi e via dicendo. Una riforma la cui approvazione sarà inevitabile, magari con qualche aggiustamento. In questo modo il governo dà una prima risposta al malcontento diffuso tra i cittadini nei confronti della politica, anche se servirà ben altro per riavvicinare questa al Paese reale. Che poi è la vera urgenza del momento: questo passa anzitutto attraverso un piano di sviluppo reale del Paese, in grado di far fronte alla crisi e assorbire almeno in parte la disoccupazione, giunta ormai a livelli record.
Solo così la politica potrà far fronte al malcontento popolare che finora è stato calamitato da Grillo, ma che, se le “cinque stelle” tramontassero o perdessero il loro fascino (come sembra stia accadendo), potrebbe trovare altre forme di espressione, magari più violente. D’altra parte, il tentativo di sfilare a Grillo i suoi, che in questi giorni si sta consumando ad opera di Pd e Sel, non serve affatto ad allargare l’area del consenso dei partiti tradizionali, ma solo a consolidarne le posizioni in Parlamento. I voti di Grillo sono di protesta e di richiesta di novità: se queste attese fossero tradite, andrebbero altrove. Così l’operazione di cooptazione dei grillini appare di corto respiro e, se coronata da successo, riuscirebbe solo a mettere in difficoltà l’ex comico (fa sorridere ricordare quel che fece la sinistra quando Berlusconi, dopo la caduta di Fini, mise in atto manovre analoghe per cooptare altri nelle sua maggioranza…), ma non a ridurre la protesta popolare.
Da parte sua Grillo tiene la barra: ieri ha tuonato contro quelli che vogliono sfilargli il movimento, ma, allo stesso tempo, ha spiegato che i toni polemici usati contro Rodotà, nella querelle che ha tenuto banco nei giorni scorsi, non volevano essere offensivi. Non è una rettifica, ma poco ci manca. Al di là del particolare e delle motivazioni della marcia indietro (pare sia stato spinto dai malumori interni suscitati dal suo intervento), la precisazione è un primo segnale di duttilità del comico, almeno da quando è iniziata la sua avventura politica. Potrebbe essere un primo passo per l’uscita dall’autoreferenzialità che finora ne ha caratterizzato il cammino. Ma è ancora presto per dirlo.