Monti frena sulla discesa in campo
Tempo di lettura: < 1 minuteMario Monti rassegna le dimissioni: dopo 13 mesi di governo tecnico, l’Italia va alle urne. Un passo già deciso, formalizzato all’indomani dell’approvazione della legge di stabilità, come preannunciato.
La vera novità è un’altra ed è l’indugiare di Monti sulla soglia: si candida o no? A quanto pare l’ex presidente del Consiglio teme che la sua discesa in campo diventi motivo di accesa contesa, che non farebbe bene al Paese del quale si è detto un servitore. E, sul piano personale, teme di bruciarsi in una corsa con troppe incognite.
Una doccia fredda per i centristi ed aspiranti tali, che hanno puntato tutto sul professore. I notisti politici parlano di certo panico che si è diffuso in questo ambito a causa della novità. E di possibili ripensamenti: se Monti non scende in campo è dato come altamente probabile un ritorno del patron della Ferrari ai box.
A quanti hanno sperato almeno in un appoggio indiretto del bocconiano al centro, con cessione del copyrigth sul marchio Monti, sembra chiudersi anche questa eventualità. Ma ancora non c’è nulla di ufficiale.
Di ufficiale c’è solo l’ennesima bordata di Berlusconi contro il professore: se si candida, ha detto il Cavaliere, si può scordare il Quirinale. Un avvertimento che ha il suo peso, perché indice di uno scollamento con una parte politica che certo non giova alla figura super partes che Monti si è ritagliato in questi tredici mesi di governo e che potrebbe tornare buona per il futuro. Magari nel caso di un pareggio al Senato, che costringerebbe il Pd, certo vincitore alla Camera, a trattare con gli antagonisti. O per trovare sostegno bipartisan per una carica europea di primo livello.