Monti: non starò fermo ad aspettare
Tempo di lettura: 2 minuti«Non cadrò nella tentazione di restare fermo perché mi pongo il problema morale di dare un contributo al Paese anche se dovrò pagare in termini personali». Sono parole che Repubblica attribuisce a Mario Monti, il quale avrebbe in questo modo rotto gli indugi e sarebbe pronto per la discesa nell’agone politico, con forme e modalità ancora da determinare e che lo stesso dichiarerà pubblicamente. Ovviamente, l’ambito di collocazione del suo ingresso in politica sarebbe l’area di centro, come da tempo ipotizzato.
Le parole di Monti sono anche una risposta indiretta all’editoriale di Eugenio Scalfari di domenica scorsa intitolato Speriamo che il premier non cada in tentazione. Nel suo editoriale, Scalfari spiegava come la discesa di Monti creerebbe un vero centro, attualmente non competitivo con la sinistra, alternativo al Pd e i suoi alleati. Questo scenario comporterebbe una quasi parità, con Berlusconi e il movimento cinque stelle chiamati a far da arbitro. Uno «scenario da incubo», secondo Scalfari, per il Paese che è ancora in emergenza e necessita, appunto, di un governo di emergenza nazionale. Tutto questo, per il fondatore di Repubblica, nascerebbe da voti di ecclesiastici, che stanno spingendo Monti ad un drammatico avventurismo nel tentativo di creare un partito cattolico.
Ha scritto Scalfari: «In Italia c’è un precedente che va ricordato. In un altro periodo d’emergenza nazionale, determinato dal terrorismo, la risposta politica della classe dirigente italiana fu l’alleanza tra Moro e Berlinguer. Moro fu rapito e ucciso dalle Br ma l’alleanza restò in piedi, anzi si rafforzò ancora di più, con Zaccagnini (e Pisanu) e Andreotti e Cossiga da un lato, e tutto il Pci compattamente dall’altro. Se lo ricordi Casini, se lo ricordi Vendola. Montezemolo se lo faccia raccontare. C’era anche Paolo VI in quell’alleanza, naturalmente nei modi e nelle forme appropriate ad un Pontefice».
Abbiamo riportato questo passaggio dell’editoriale di Scalfari perchè quel ricordo elogiativo del compromesso storico (anche se contiene un errore), non è usuale e rende giustizia a una classe politica precedente a questa, che ha commesso sbagli, ma non ha paragoni con l’attuale.