16 Marzo 2013

"Nessuna collusione con la dittatura" il Vaticano fa quadrato in difesa del Papa

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Storia vecchia quella dell’accusa a Francesco di aver abbandonato alla loro sorte due gesuiti catturati al tempo della dittatura dei generali in Argentina. Una croce che va avanti da anni e che il cardinale Jorge Mario Bergoglio ha sopportato con pazienza, pur consapevole della falsità. Si era rinnovata, questa accusa, prima del Conclave, per tentare di offuscare l’immagine del porporato che attirava simpatie tra i cardinali che erano chiamati a eleggere il nuovo Papa. Ora, a elezione avvenuta, è stata ripresa e occupa tutti i giornali. In realtà è un’arma spuntata. Tra le altre cose, ieri il portavoce della sala stampa, padre Federico Lombardi, ha spiegato come a difesa del Papa sia sceso in campo il premio Nobel per la Pace Perez Esquivel, ribadendo quel che in Argentina si sa bene: il nuovo Papa non è stato mai  compromesso con la dittatura. Ricordando anche che i sacerdoti in questione, dopo la liberazione, hanno celebrato messa con lui. Anche il porporato George Pell, australiano, ha ricordato come Amnesty international abbia indagato sul caso, riscontrando l’assoluta falsità delle accuse. 

Ovviamente un Papa come Francesco suscita simpatia, ma anche odio. Quel che sta accadendo sembra essere solo un assaggio di un pontificato destinato a dipanarsi tra tribolazioni. Molti cronisti, all’indomani della sua elezione hanno ricordato il ’78 e la morte improvvisa di Papa Luciani, ancora oggi al centro di controversie. Ma dal ’78 a oggi tante cose sono cambiate. Comunque Francesco sarà chiamato a esercitare pazienza e vigilanza. E non solo lui.

Ieri il Papa è andato a trovare il cardinale argentino Jorge Mejia, ormai novantenne, che ha avuto un attacco cardiaco due giorni fa. Una visita che si è svolta nel consueto modo: ha incontrato i medici e si è intrattenuto cordialmente con loro, suscitando simpatie e affetto. È il suo modo di fare il Papa, anzi il vescovo di Roma, il quale presiede nella carità.

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