8 Agosto 2013

Obama sbatte la porta a Putin dopo l'ultimo sgarbo russo

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Non ci sarà il vertice tra Obama e Putin previsto a inizio settembre prima del vertice del G20 a san Pietroburgo. A chiudere la porta è stato Obama, a causa della vicenda Snowden, l’analista della Cia che ha svelato il Datagate e ha trovato asilo in Russia. Negli Usa c’è molta irritazione per l’iniziativa russa di offrire un riparo all’uomo più ricercato del momento e Obama non può ignorarlo. Avrebbe rischiato di offrire il fianco alle critiche provenienti da destra e sinistra.

Oltre che un problema per la Russia e per i suoi interessi, il mancato summit è un’occasione persa per il mondo: in un momento tanto conflittuale sarebbe stato importante questo dialogo. Anche perché, se pur vero che la Russia non è più una superpotenza, in certi scenari ha ancora un ruolo di primaria importanza, basti pensare alla Siria. Un’occasione persa, insomma, a causa di un’oscuro analista della Cia, ma soprattutto dell’ossessione Usa di punire il peccato di lesa maestà da questi perpetrato, nella convinzione che la sua punizione esemplare serva a dare un segnale ultimativo al mondo e ai posteri: chi tocca certi fili non ha scampo. Il problema è che di ultimativo, su questa terra, non c’è nulla, neanche la potenza imperiale degli Stati Uniti d’America. Che prima che dai nemici esterni deve guardarsi da quelli interni, primo fra tutti quell’ossessione per la sicurezza a causa della quale, negli ultimi anni, le ragioni della politica sono state sacrificate sull’altare degli interessi dell’apparato militare industriale. Una china pericolosissima, dalla quale è sempre più difficile uscire. Come dimostra anche questa mossa di Obama.

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