Scandalo tasse, Obama silura il numero uno del Fisco
Tempo di lettura: < 1 minuteTre scandali in pochi giorni affaticano l’Amministrazione Obama: il primo riguarda i giornalisti dell’Associated Press, spiati dall’intelligence per evitare fughe di notizie riguardanti le operazioni anti-terrorismo; il secondo è il pasticciaccio brutto di Bengasi, nel quale fu assassinato l’ambasciatore Usa, sul quale i repubblicani accusano l’amministrazione di aver depistato (un attacco terroristico preordinato, propagandato invece come una sporadica protesta contro un film anti-islam uscito in quei giorni in America); il terzo riguarda l’Agenzia delle tasse (ha usato la sua discrezionalità per discriminare imprese legate alla destra, in particolare al Tea Party). Una bufera che rischia di inchiodare Obama sotto il fuoco incrociato delle polemiche scatenate dai repubblicani.
Obama tenta di difendersi: ha licenziato il capo dell’Agenzia delle tasse colpevole del comportamento discriminante tenuto dal Fisco; ha reso pubbliche tutte le e-mail intercorse tra Dipartimento di Stato, Agenzie dei servizi e Casa Bianca relative al caso Bengasi, nelle quali si evince che ad “aggiustare” la versione ufficiale è stato il Dipartimento di Stato (cattive notizie per Hilary Clinton, data per favorita alle prossime elezioni); ha chiesto scusa per le intercettazioni ai giornalisti della Ap, spiegando che farà chiarezza. Ma resta la sensazione che a questi seguiranno altri scandali e, soprattutto, che la destra farà di tutto per usarli nel tentativo di bloccare il Presidente. Anche per evitare che Obama porti a compimento quella strategia distensiva nei confronti del mondo arabo e della Russia (accordo sulla Siria) fin qui dispiegata e che rappresenta un cambiamento di rotta rispetto alla linea seguita dalla destra nell’ultimo decennio.