Severino, Del Noce e il Super-Stato planetario
Tempo di lettura: 3 minutiDurante la Guerra Fredda «la pericolosità del mondo era nettamente inferiore
» a quella attuale: il confronto tra Est e Ovest contrapponeva due blocchi che, nelle diversità, rappresentavano comunque la popolazione ricca della terra. Due blocchi che non potevano darsi guerra totale per il pericolo di «provocare la propria distruzione, lasciando padroni della terra le grandi masse del Sud e dell’Oriente, non direttamente coinvolte nel conflitto
». Questa la tesi di fondo di un articolo del Corriere della Sera del 14 maggio, nel quale Emanuele Severino riporta alcune sue tesi, esposte a suo tempo in varie pubblicazioni.
Interessante quanto scriveva a proposito dell’Unione Sovietica: «Ponendosi alla guida dei popoli poveri, l’Urss esercitava il controllo e il contenimento della loro pressione sulle società capitalistiche, che dunque venivano a trovarsi non già danneggiate, bensì protette dalla politica internazionale dell’Unione sovietica».
E ancora, sul rapporto tra Usa e Urss, spiega: «Non si è percepito con sufficiente chiarezza che durante il periodo della guerra fredda, la tensione Usa-Urss, ossia il diumvirato costituito dalle due superpotenze, ha dato vita appunto alla prima forma reale di “Super-Stato” planetario, provvisto della forza per mantenere l’ordine e quindi la “pace” mondiale» così che «al di là del loro irrimediabile contrasto ideologico, le due superpotenze hanno avuto un fondamentale scopo comune, cioè hanno dato vita a quella “risultante delle forze”, a quella concordia discors [concordia discordante ndr.] che costituisce l’anima dello Stato».
Analisi insuperabile quella contenuta in queste righe, che ricorda quanto scriveva Augusto del Noce: «Yalta ha generato il mostro dalle due teste, e queste due teste possono, o devono insultarsi, ma non di più; non dispongono di un corpo proprio, ma si alimentano della vita dello stesso mostro; distanti tra loro non possono incontrarsi; né possono, né intendono suggerire al mostro il suicidio».
Meno convincente la parte, non riportata, nella quale Severino spiega che l’estremismo islamico è nato in conseguenza del venir meno della funzione di controllo esercitata dall’Urss sulle popolazioni del Sud del mondo. Una minaccia pericolosa per l’Occidente, continua il filosofo, stante che tra i due avversari non c’è quella «tensione nucleare», vigente ai tempi della guerra fredda, in grado di attutire il conflitto.
È vero che il radicalismo islamico è anche un prodotto della destabilizzazione portata dal collasso di uno dei pilastri del Super-Stato planetario (l’Urss); ma è altrettanto vero che esso si è generato ed è alimentato, per contrasto, anche dalla destabilizzazione causata dall’allargamento della sfera di influenza dell’altro pilastro del Super-Stato, gli Stati Uniti d’America.
Infatti la parte sopravvissuta, e vincente, del Super-Stato, per perpetuare l’egemonia planetaria, deve occupare gli spazi lasciati vuoti, e incontrollati, dalla pars discors ormai venuta meno (d’altronde come la politica anche la geopolitica non tollera vuoti),
Prodotto della destabilizzazione suddetta, di fatto il radicalismo islamico se apparentemente minaccia il Super-Stato planetario, in realtà risulta a questo funzionale: da una parte, alimentando la paura nei Paesi ricchi del Nord, genera il bisogno di sicurezza, da cui la necessità del gendarme globale; dall’altra, disgregando gli Stati-nazione del Sud, aumenta gli spazi di penetrazione del Super-Stato, il quale trova negli Stati nazione che si pongono al di fuori dalla sua influenza degli ostacoli naturali.
Un Super-Stato globale non più quindi composto da un diumvirato, ma che è Impero. Un Impero che però ha perso i connotati classici per assumere caratteristiche totalmente altre, dettate dalla modernità. In particolare dalle nuove tecnologie e dalla trasformazione del modo di produrre ricchezza – dal capitalismo di produzione al capitalismo finanziario.
Così, se è vero che tale Impero si serve della potenza militare, economica e politica degli Stati Uniti d’America, non si identifica tout court con tale Stato, le sue istituzioni e le sue élite. L’Impero moderno è globale, non abita un solo Stato-nazione, il quale anzi, come detto, è percepito da esso come un ostacolo. Da qui anche la sua forza (quasi) incontenibile.