S'infiamma Ankara I giovani non lasciano la piazza di Istanbul
Tempo di lettura: 2 minutiEra iniziata come una manifestazione per difendere il parco più importante di Istanbul, dove è prevista la costruzione di una moschea e di altri edifici commerciali, ma presto è diventata qualcosa di altro. I giovani che si sono radunati a piazza Taksim sono diventati simbolo di un Paese che non accetta le decisioni del partito al governo, l’Akp, il quale sta perdendo la sua connotazione iniziale che lo rendeva qualcosa di simile a una “democrazia cristiana” in salsa islamica, per assumere i tratti di un partito islamista tout court. Parallelamente, il premier Erdogan, che era stato visto come un innovatore rispetto al kemalismo, al potere fin dalla rivoluzione di Atatürk, sta assumendo agli occhi di una parte considerevole della popolazione una fisionomia autoritaria. Si spiega così il fatto che la rivolta di Gezi park si sia diffusa a macchia d’olio, provocando proteste in tutto il Paese.
Ad oggi Erdogan tiene duro e minaccia i rivoltosi, che già si sono scontrati duramente con le forze dell’ordine. Ma con i giovani c’è parte del Paese: islamici moderati, kemalisti, forze d’opposizione varie. E anche nel governo c’è chi frena la mano dura.
Dopo aver raggiunto un accordo di pace con il Pkk, chiudendo un conflitto decennale, Erdogan immaginava di avere ormai la strada spianata per le prossime elezioni presidenziali. Una riconferma che, insieme alle riforme costituzionali in cantiere, lo avrebbe portato ad assumere un potere senza precedenti in Turchia. Un potere che, messo assieme a quella politica neo-ottomana fin qui perseguita, la quale immagina il Paese della mezzaluna come un punto di riferimento dei Paesi della “primavera araba”, farebbe di Erdogan un uomo chiave della politica internazionale del prossimo decennio. Ma le rivolte di questi giorni stanno rendendo il suo cammino più accidentato del previsto. Il premier tiene il punto, ma di certo si trova davanti a una prova durissima che non potrà essere superata solo con la forza. Occorrerà duttilità, della quale, però, pare che il personaggio sia privo.
Bisogna attendere gli sviluppi, anche perché, per quanto detto sopra, quello che sta accadendo in Turchia in questi giorni non riguarda solo il destino di un uomo politico o di un Paese, ma dell’intero mondo arabo.