Giona o dei cristiani gettati nel mare
Tempo di lettura: 2 minutiHa fatto notizia, come poteva altrimenti, la vicenda dei cristiani buttati a mare dai barconi sui quali si aggrumavano in cerca di nuova speranza. A questo proposito pubblichiamo un passo di un articolo di Maurizio Crippa pubblicato sul Foglio del 17 aprile: «Poi dissero l’uno all’altro: ‘Venite, tiriamo a sorte, per sapere a cagione di chi ci capita questa disgrazia’. Tirarono a sorte, e la sorte cadde su Giona”. E lui rispose loro: “Sono Ebreo, e temo l’Eterno, l’Iddio del cielo, che ha fatto il mare e la terra ferma”. E quelli gli dissero: “Che ti dobbiam fare perché il mare si calmi per noi?”. E lui: “Pigliatemi e gettatemi in mare, e il mare si calmerà per voi”. Non hanno tirato a sorte, hanno tirato cazzotti».
«E’ significativo che nessuno, nemmeno Avvenire, si sia ricordato di Giona. Dire che i cristiani uccisi non fanno notizia, che la profondità della guerra di religione è peggio della profondità del mare, o fare surf sulle guerre dei poveri sono cose buone, o di pessimo gusto. Fare del martirio dei cristiani un caso di isteria cognitiva, come fossero canzoni dei Pooh (“Chi fermerà il martirio? / l’aria diventa elettrica”) è vano. “Giona nella balena / felice fu”, è una canzoncina che noi cristiani insegniamo ai nostri bambini. Non perché siamo imbecilli, ma perché Giona è prefigurazione della resurrezione di Cristo. Anche nel nostro occidente in cui nessuno sa più nemmeno di che parli, quell’antico mito, e se Gesù è resuscitato dai morti è una domanda retorica che interessa al massimo Emmanuel Carrére. C’è il sangue dei martiri. Ma se c’è un motivo sensato per essere martiri invece che carnefici, e un obbligo di difendere i martiri, è perché dopo tre giorni la Balena ha risputato Giona su una spiaggia, per andare a convertire Ninive. Non è stato vano»
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Significativo anche il titolo del pezzo: Giona nella balena, o il senso non vano del martirio.
Nota a margine. Intelligente e puntuale il riferimento a Giona, come anche quell’accenno al martirio che non può che essere guardato, nella sua tragicità, con occhi commossi. Dolore e lacrime per questi poveri cristi – come appare puntuale questa espressione popolare… – gettati nel mare. Ma è un dolore che si mischia a una commossa gratitudine al Signore per tale stupenda testimonianza di fede che è insieme misteriosa vittoria sul male.
Così sant’Agostino: «Così, come i fedeli sanno, quando celebriamo i sacramenti cristiani noi non preghiamo per i martiri. Non solo non preghiamo per loro, ma raccomandiamo noi stessi alle loro preghiere» [«Denique, sicut fideles norunt, inter sacramenta christiana pro martyribus non oramus. Non solum autem pro ipsis non oramus, sed eorum nos orationibus commendamus»].