Il Papa e Bartolomeo I al Santo Sepolcro
Tempo di lettura: 2 minuti«Il mio incontro con Sua Santità Bartolomeo, amato fratello in Cristo, ha rappresentato il momento culminante della visita [in Terrasanta ndr.]. Insieme abbiamo pregato presso il Sepolcro di Gesù, e con noi c’erano il Patriarca Greco-Ortodosso di Gerusalemme Theophilos III e il Patriarca Armeno Apostolico Nourhan, oltre ad Arcivescovi e Vescovi di diverse Chiese e Comunità, Autorità civili e molti fedeli. In quel luogo dove risuonò l’annuncio della Risurrezione, abbiamo avvertito tutta l’amarezza e la sofferenza delle divisioni che ancora esistono tra i discepoli di Cristo; e davvero questo fa tanto male, male al cuore. Siamo divisi ancora; in quel posto dove è risuonato proprio l’annuncio della Risurrezione, dove Gesù ci dà la vita, ancora noi siamo un po’ divisi. Ma soprattutto, in quella celebrazione carica di reciproca fraternità, di stima e di affetto, abbiamo sentito forte la voce del Buon Pastore Risorto che vuole fare di tutte le sue pecore un solo gregge; abbiamo sentito il desiderio di sanare le ferite ancora aperte e proseguire con tenacia il cammino verso la piena comunione. Una volta in più, come hanno fatto i Papi precedenti, io chiedo perdono per quello che noi abbiamo fatto per favorire questa divisione, e chiedo allo Spirito Santo che ci aiuti a risanare le ferite che noi abbiamo fatto agli altri fratelli». Così il Papa all’Udienza generale del 28 maggio, appena tornato dal viaggio in Terrasanta, che ha definito una «vera grazia del Signore», nel quale ha portato speranza e l’ha ricevuta, in particolare nell’incontro con «tanti fratelli e sorelle che sperano “contro ogni speranza”», nelle sofferenze e nelle tribolazioni.
Francesco ha poi ricordato come questo viaggio sia stato immaginato come un modo per incoraggiare quell’angolo di mondo nel «cammino verso la pace» in un momento così denso di tensioni e guerre, dalla «martoriata Siria» alle tante situazioni di conflitto locali. E ha accennato come la pace sia un dono dello Spirito, che rende «capaci di gesti di umiltà, di fratellanza e di riconciliazione», così da diventare «”artigiani” della pace». Già, perché la pace si costruisce «artigianalmente», non esistono «industrie di pace».