Il Papa e il Sinodo straordinario sulla famiglia
Tempo di lettura: 4 minutiNon si è scandalizzato delle divergenze nate all’interno del Sinodo straordinario sulla famiglia, anzi, ha detto che si sarebbe meravigliato del contrario. Il Papa lo ha detto chiaramente nel discorso tenuto a conclusione dei lavori. Mettendo a fuoco come la Chiesa sia sempre in “cammino” e specificando come in questo cammino ci siano «momenti di corsa veloce, quasi a voler vincere il tempo e raggiungere al più presto la mèta; altri momenti di affaticamento, quasi a voler dire basta; altri momenti di entusiasmo e di ardore. Ci sono stati momenti di profonda consolazione ascoltando la testimonianza dei pastori veri che portano nel cuore saggiamente le gioie e le lacrime dei loro fedeli. Momenti di consolazione e grazia e di conforto […] E poiché essendo un cammino di uomini, con le consolazioni ci sono stati anche altri momenti di desolazione, di tensione e di tentazioni».
Francesco ha poi indicato cinque tentazioni:
«La tentazione dell‘ irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere. Dal tempo di Gesù, è la tentazione degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti – oggi – “tradizionalisti” e anche degli intellettualisti.
La tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei “buonisti”, dei timorosi e anche dei cosiddetti “progressisti e liberalisti”.
La tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente e anche di trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati, cioè di trasformarlo in “fardelli insopportabili”.
La tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio.
La tentazione di trascurare il “depositum fidei”, considerandosi non custodi ma proprietari e padroni o, dall’altra parte, la tentazione di trascurare la realtà utilizzando una lingua minuziosa e un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente! Li chiamavano “bizantinismi”, credo, queste cose…».
Tentazioni che non «devono né spaventare né sconcertare e nemmeno scoraggiare, perché nessun discepolo è più grande del suo maestro; quindi se Gesù è stato tentato – e addirittura chiamato Beelzebul – i suoi discepoli non devono attendersi un trattamento migliore».
Così, elogiando gli interventi al Sinodo, ha spiegato in particolare il motivo profondo di questa gratitudine, ovvero che in questi interventi «è stato messo davanti ai propri occhi il bene della Chiesa, delle famiglie e la “suprema lex“, la “salus animarum“». Ricordando che nessuno ha messo in discussione, cenno altrettanto importante, «le verità fondamentali del Sacramento del matrimonio: l’indissolubilità, l’unità, la fedeltà e la procreatività, ossia l’apertura alla vita».
Quindi ha affermato: «E questa è la Chiesa, la vigna del Signore, la Madre fertile e la Maestra premurosa, che non ha paura di rimboccarsi le maniche per versare l’olio e il vino sulle ferite degli uomini; che non guarda l’umanità da un castello di vetro per giudicare o classificare le persone. Questa è la Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica e composta da peccatori, bisognosi della Sua misericordia. Questa è la Chiesa, la vera sposa di Cristo, che cerca di essere fedele al suo Sposo e alla sua dottrina. È la Chiesa che non ha paura di mangiare e di bere con le prostitute e i pubblicani. La Chiesa che ha le porte spalancate per ricevere i bisognosi, i pentiti e non solo i giusti o coloro che credono di essere perfetti! La Chiesa che non si vergogna del fratello caduto e non fa finta di non vederlo, anzi si sente coinvolta e quasi obbligata a rialzarlo e a incoraggiarlo a riprendere il cammino e lo accompagna verso l’incontro definitivo, con il suo Sposo, nella Gerusalemme Celeste».
Quindi, relativizzando le discrepanze emerse nel corso del Sinodo, ha chiarito che è lo Spirito Santo, lungo la storia, che «ha sempre condotto la barca, attraverso i suoi Ministri, anche quando il mare era contrario e mosso e i ministri infedeli e peccatori».
Di seguito, riprendendo quanto detto nell’Udienza generale del 26 maggio 2010 da Benedetto XVI (ed è importante questa citazione del Papa che molti ambiti cattolici ritengono più legato alla Tradizione, come ad accennare a una continuità nella diversità), ha ricordato che «la suprema norma di condotta dei ministri di Dio» è «un amore incondizionato, come quello del Buon Pastore, pieno di gioia, aperto a tutti, attento ai vicini e premuroso verso i lontani, delicato verso i più deboli, i piccoli, i semplici, i peccatori, per manifestare l’infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza».
E a conclusione del suo intervento ha spiegato: «Quindi, la Chiesa è di Cristo – è la Sua Sposa – e tutti i vescovi, in comunione con il Successore di Pietro, hanno il compito e il dovere di custodirla e di servirla, non come padroni ma come servitori. Il Papa, in questo contesto, non è il signore supremo ma piuttosto il supremo servitore – il “servus servorum Dei”; il garante dell’ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa, mettendo da parte ogni arbitrio personale».