Il Papa, i bambini e la poesia della tenerezza
Tempo di lettura: 2 minuti«I bambini ci ricordano che tutti, nei primi anni della vita, siamo stati totalmente dipendenti dalle cure e dalla benevolenza degli altri. E il Figlio di Dio non si è risparmiato questo passaggio. È il mistero che contempliamo ogni anno, a Natale […] Ma è curioso: Dio non ha difficoltà a farsi capire dai bambini, e i bambini non hanno problemi a capire Dio. Non per caso nel Vangelo ci sono alcune parole molto belle e forti di Gesù sui “piccoli”. Questo termine “piccoli” indica tutte le persone che dipendono dall’aiuto degli altri, e in particolare i bambini».
Sono parole di papa Francesco nel corso nell’Udienza generale del 18 marzo, che ha ricordato ancora come i bambini ci ricordano costantemente «la condizione necessaria per entrare nel Regno di Dio: quella di non considerarci autosufficienti, ma bisognosi di aiuto, di amore, di perdono. E tutti, siamo bisognosi di aiuto, d’amore e di perdono!».
Francesco si è poi soffermato sullo sguardo dei bambini, uno sguardo «puro», non «inquinato dalla malizia, dalle doppiezze, dalle “incrostazioni” della vita che induriscono il cuore»
. Il loro cuore, ha proseguito, è estraneo alla «scienza della doppiezza di noi adulti».
E ha poi elogiato la loro «semplicità interiore», quella che rende i bambini capaci «di ricevere e dare tenerezza». La tenerezza, ha proseguito il Papa, «è avere un cuore “di carne” e non “di pietra”»
. Bellissimo anche il passaggio nel quale accenna che la tenerezza è «poesia», capace cioè di «”sentire” e le cose e gli avvenimenti»
, estranea quindi alla deriva utilitaristica propria degli adulti. I bambini hanno poi la capacità di sorridere e piangere, «due cose che in noi grandi spesso “si bloccano”, non siamo più capaci».