Il vescovo che ha imparato l'umiltà in fabbrica. Con il consenso di Albino Luciani
Tempo di lettura: < 1 minute«Anche oggi, nel mio ministero di vescovo del Nordest brasiliano, realtà economicamente povera e sfruttata, ma ricca di umanità, l’esperienza giovanile di lavoro in fabbrica mi aiuta a capire di più le persone, le loro fatiche e resistenze. Anche da un punto di vista religioso». A parlare è monsignor Armando Bucciol, vescovo di Livramento, in Brasile, in un’intervista concessa ad Avvenire il 1 febbraio.
Già, perché monsignor Bucciol, da giovane seminarista del triveneto, ha lavorato in fabbrica. Racconta monsignore: «Tutto fu programmato con calma, con il consenso dell’allora vescovo monsignor Albino Luciani che poco prima di lasciare la diocesi mi aveva ordinato diacono (…). Dopo tanti anni di studio, vestire la tuta, entrare in fabbrica come operaio di VI categoria (l’ultima), portarsi dietro la “marmitta”, così la chiamavamo, mangiare insieme e, nell’intervallo del pranzo, giocare a carte all’osteria del Moro, viaggiare nell’autobus della ditta con gli altri operai… insomma essere “uno dei tanti”, mi ha aiutato a diminuire le presunzioni proprie dei “dottori” ed imparare, in questa scuola, valori e limiti, rapporti umani e sociali che non conoscevo se non in teoria»
Così conclude l’articolo: «”I miei primi maestri di vita sono stati quei colleghi operai, per la loro laboriosità, accoglienza, semplicità e resistenza”. Per i quali celebra l’Eucarestia tutte le volte che rientra in Italia. E proprio loro, gli amici di “gavetta”, lo vogliono sempre con il pastorale e la mitria».