Padre Pio e padre Leopoldo: la misericordia e la giustizia
Tempo di lettura: 3 minutiSul Corriere della Sera del 2 febbraio Luigi Accattoli firma un articolo sulla traslazione (temporanea) a Roma dei corpi di padre Pio (o san Pio, ma è più familiare così) e san Leopoldo Mandic, i due santi “confessori”, nel senso più stretto del termine, che Francesco ha voluto a Roma per dare testimonianza della misericordia di Dio in questo Giubileo straordinario.
Nell’articolo una strana contrapposizione tra i due: di «manica larga» il secondo, meno il primo, che, spiega il cronista, a volte scacciava i penitenti dal confessionale.
Conclude Accattoli: «Di sicuro Papa Francesco con la sua insistenza su Dio che “perdona sempre e perdona tutto” si trova meglio con San Leopoldo Mandic che con Padre Pio, ma per il Giubileo li ha voluti ambedue e li ha voluti insieme, forse a segnalare che il confessore dev’essere a un tempo giusto e misericordioso
».
Un finale in linea con la premessa, che potrebbe prestarsi a equivoci, come se il primo fosse più attento alla misericordia e meno alla giustizia e il secondo all’opposto più alla giustizia che alla misericordia (tanto che, scrive Accattoli, padre Pio non cita quasi mai la parola «misericordia» nel suo epistolario). Riportiamo, di seguito, due pensieri di Padre Pio.
«Procedi con umiltà e franchezza a confessare davanti a Dio quello che avrai rimarcato, e rimettilo alla dolce misericordia di Colui che sostiene quelli che cadono […]; e li solleva sì prestamente e sì dolcemente che essi non si accorgano di essere caduti, né di essere sollevati, perché la mano di Dio li ha sollevati sì prestamente, che essi non vi hanno pensato
».
E ancora: «Nel tumultuar delle passioni e delle avverse vicende, ci sorregga la cara speranza della Sua inesauribile misericordia: corriamo fidenti al tribunale di penitenza, ove Egli, con ansia di padre, in ogni istante ci attende; e, pur consapevoli della nostra insolvibilità dinanzi a Lui, non dubitiamo del perdono solennemente pronunziato sui nostri errori. Poniamo su di essi, come ce l’ha posta il Signore, una pietra sepolcrale!».
Parole che potrebbero essere tranquillamente pronunciate, a parte l’italiano aulico, da Francesco (per inciso, c’è anche la parola misericordia…).
Che poi padre Pio mandasse via persone che si accostavano al suo confessionale solo per una insana curiosità, e ce n’erano, è cosa ovvia.
Piace, infine, ricordare che, ai padovani che andavano a confessarsi da lui, il santo di Pietralcina diceva: «Avete un Santo, perché venite da me?». Insomma, nessuna contrapposizione tra i due santi “confessori”, semplicemente due caratteri diversi: più burbero padre Pio, più mite padre Leopoldo. D’altronde al Signore piace la varietà e le sue vie sono infinite.
Altro cenno interessante di Accattoli, è quando specifica che padre Pio era «all’antica», come se padre Leopoldo non lo fosse; quasi che quest’ultimo rappresentasse una sorta di strappo alla tradizione – improntata al primato della giustizia sulla misericordia – e per questo sia più caro a Francesco. In realtà ambedue erano all’antica, né la misericordia di Dio è progressista: il “Figliol prodigo” non è certo stato inventato dal Concilio Vaticano II o da Francesco…
Né serve il bilancino per misurare le dosi di giustizia e di misericordia necessarie a una buona confessione. Basta rispettare le poche cose che la Chiesa ha sempre insegnato in proposito a fedeli e confessori (1), e tener presente che il sacramento è del Signore (basterebbe ricordare questo per evitare tante derive psicologiche).
(1) Piace ricordare a questo proposito il libretto “Chi prega si salva” edito dalla rivista 30Giorni che riproponiamo sul nostro sito (in fondo): un piccolo strumento che don Giacomo Tantardini, cuore e anima della rivista, ha realizzato per aiutare i fedeli a confessarsi (e a pregare). «La cosa più bella e più importante che abbia mai fatto 30giorni», amava ripetere.
Come cara e felice è l’intuizione che ripeteva spesso negli ultimi anni della sua vita, accennata in questo modo in una sua meditazione: «Chi si confessa bene, diventa santo. È stata una scoperta recente (l’anno scorso, durante la santa messa nella festa di Tutti i Santi, mentre leggevo il Vangelo delle beatitudini) e di un’evidenza immediata: chi si confessa bene, diventa santo. Chi si confessa bene, con umiltà, con sincerità, con la completezza dell’accusa, diventa santo. Diventa santo nei tempi del Signore, ma chi si confessa bene diventa santo».
Frase che riportiamo anche come piccolo contributo al Giubileo della Misericordia.