Papa Francesco: non c'è peccato che possa cancellare dal cuore di Dio uno solo dei suoi figli
Tempo di lettura: 2 minutiNell’Angelus del 3 novembre, papa Francesco ha commentato il brano del Vangelo che narra l’incontro a Gerico di Gesù con Zaccheo, il quale, ha spiegato il Pontefice, al tempo era «una pecora perduta», «disprezzato» e «“scomunicato”» perché pubblicano: «impedito dall’avvicinarsi a Gesù, probabilmente a motivo della sua cattiva fama, ed essendo piccolo di statura, Zaccheo si arrampica su un albero, per poter vedere il Maestro che passa. Questo gesto esteriore […] esprime però l’atto interiore dell’uomo che cerca di portarsi sopra la folla per avere un contatto con Gesù. Zaccheo stesso non sa il senso profondo del suo gesto […]. Quell’uomo piccolo di statura, respinto da tutti e distante da Gesù, è come perduto nell’anonimato; ma Gesù lo chiama, e quel nome “Zaccheo” […] ha un bel significato […] infatti vuol dire “Dio ricorda”». «E Gesù – ha proseguito – va nella casa di Zaccheo, suscitando le critiche di tutta la gente di Gerico» e lo fa proprio «perché lui era perduto». «Non c’è professione o condizione sociale – ha ricordato il Vescovo di Roma -, non c’è peccato o crimine di alcun genere che possa cancellare dalla memoria e dal cuore di Dio uno solo dei suoi figli. “Dio ricorda”, sempre, non dimentica nessuno di quelli che ha creato; Lui è Padre, sempre in attesa vigile e amorevole di veder rinascere nel cuore del figlio il desiderio del ritorno a casa. E quando riconosce quel desiderio, anche semplicemente accennato, e tante volte quasi incosciente, subito gli è accanto, e con il suo perdono gli rende più lieve il cammino della conversione».