Roma e il Natale
Maria sta seduta, vestita di una stola. Il capo, coperto dal mantello, è reclinato verso il bambino Gesù che, con il braccio teso verso la mamma, ci guarda.
Accanto, una figura maschile: con la mano sinistra tiene un rotolo e con la destra addita una stella. L’attribuzione è dubbia. Forse è san Giuseppe. O forse, secondo Joseph Wilpert, collaboratore del grande archeologo Giovan Battista de’ Rossi, potrebbe rappresentare Isaia. Sua infatti la profezia: «Ecco, la Vergine concepirà e partorirà un figlio» (Is. 7,14).
Secondo altri studi, invece, dovrebbe trattarsi del profeta Balaam e di un rimando ad altra profezia: «Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele» (Num. 24,15-17).
In entrambi i casi, l’ignoto quanto antico artista avrebbe dunque inteso raffigurare la scena della nascita di Gesù come il compimento delle Sacre Scritture.
Quel che è certo è che quelle immagini rappresentano la prima raffigurazione della Natività di nostro Signore Gesù Cristo e risalgono alla prima metà del II secolo. Compaiono nel sottarco di un’arca sepolcrale delle catacombe di Priscilla, lungo la via Salaria a Roma.
Si tratta di catacombe preziosissime, che accolgono un’altra commovente e antica testimonianza cristiana: su una parete della cosiddetta Cappella Greca appare una delle prime immagini dell’Adorazione dei Magi che, allineati, si avvicinano a Gesù e a Maria offrendo i loro doni.
Le catacombe, tra le più note di Roma – antiche di 1700 anni – prendono nome da Priscilla, discendente, secondo il De Rossi, da quella stessa gens Acilia cui apparteneva il console Acilio Glabrione, fatto uccidere da Domiziano perché cristiano. Priscilla, con ogni probabilità, fu la donatrice del terreno che ospitò le catacombe.
Non solo la prima rappresentazione della Natività è a Roma. Ma è sempre nell’Urbe, ormai cuore della cristianità, che verrà celebrata in maniera solenne, per la prima volta, la nascita del Signore.
Infatti, nel secondo quarto del IV secolo emerse un documento che attestava l’esistenza in Roma della celebrazione liturgica del Natale, fissata il 25 dicembre: si tratta della Depositio Martyrym del calendario di Filocalo, abbozzo del calendario liturgico databile al 336 d.C.
La nuova festa cristiana si diffuse poi in tutta Italia, in Africa, anche grazie a sant’Agostino, e nell’Oriente, così che in poco meno di un secolo fu celebrata nell’intera cristianità.
Fu probabilmente papa Sisto III (papa dal 432 al 440) a introdurre il costume di celebrare, poco dopo la mezzanotte del 24 dicembre, una prima messa nella basilica di Santa Maria Maggiore, che ancora oggi custodisce i legni che la tradizione vuole siano parte della culla di Gesù bambino.
Quindi il vescovo di Roma si recava a Sant’Anastasia dove, prima del sorgere del sole, celebrava la seconda messa di Natale. Infine egli celebrava una terza messa in San Pietro, al sorgere del sole.
In questa maniera veniva rispettata la tradizione introdotta da Costantino, secondo la quale il primo Natale sarebbe stato celebrato presso il titulus Anastasiae, ai piedi del Palatino.
Non sappiamo l’anno nel quale avvenne questa prima celebrazione. È possibile però datare la costruzione della basilica intitolata ad Anastasia, sorella di Costantino, tra il gennaio del 325, inizio della carica del primo prefetto cristiano, e il settembre del 326, quando ebbe termine la prefettura urbana di Acilio Severo, data, quest’ultima, della partenza dell’imperatore da Roma, in un viaggio intrapreso per porre la prima pietra di Costantinopoli.
È dunque assai probabile che la chiesa fosse stata terminata per la messa del 25 dicembre del 326, anno nel quale quindi sarebbe stato celebrato il primo Natale. Una liturgia presieduta da Papa Silvestro, alla quale parteciperà, in rappresentanza di Costantino, Anastasia.
Al di là del contesto storico, il fatto che la Natività sia stata riprodotta sulle pareti delle catacombe indica come questa gioiosa ricorrenza sia entrata da subito nel cuore dei fedeli e nella devozione popolare.
Una devozione che, fin da allora, prese a rappresentare il bambino Gesù in braccio a sua madre. Una immagine di tenerezza che è propria del Natale, che verrà ripetuta nei secoli da tanti altri artisti più o meno noti, o più o meno ignoti, come quello che, secoli addietro, lasciò sul muro di quella sperduta catacomba quella che sarebbe diventata una delle iconografie più diffuse della cristianità.