Sebastiano e l’imperatore
San Sebastiano, la cui statua – realizzata da Giuseppe Giorgetti (metà del XVII secolo) – e le cui reliquie si trovano nell’omonima Basilica romana di via Appia, fu, secondo la tradizione, amico dell’imperatore Diocleziano (284-305). Del quale era anche una sorta di guardia del corpo in quanto capo della prima corte imperiale, di stanza a Roma per la difesa del sovrano.
Ed era cristiano. Così, quando Diocleziano diede inizio alla grande persecuzione, a Sebastiano fu imposto di rinnegare la sua religione. Non lo fece, Fu condannato a morte. Legato a un palo sul colle Palatino, fu trafitto da numerosi dardi scagliatigli contro dai commilitoni, che a un certo punto lo credettero morto. Ma non era così. Sebastiano ebbe il tempo di raggiungere ancora una volta Diocleziano e testimoniare la propria fede davanti a lui. Allora l’imperatore lo fece uccidere mediante flagellazione.
Il Martirologio Romano riporta le parole che Sebastiano proferì all’indirizzo del suo illustre amico e “protetto”: «Diocleziano, per la tua incolumità e per la prosperità dell’impero non ho mai smesso di invocare Cristo che è nei cieli. Ma io ho sempre adorato Lui, preferendolo alle tue divinità di sassi e metallo».
Gabriele D’Annunzio, nel mistero in cinque atti Il martirio di san Sebastiano, musicato da Claude Debussy, così fa cantare al coro degli Apostoli che accolgono l’anima del martire in Paradiso: «Sei santo. / Chi ti chiama / vedrà il Figlio dell’uomo, / chi ti tiene sul suo cuore / sorriderà della tua grazia».
(da Italian Ways)