Primavera
Tempo di lettura: < 1 minuteAmara questa poesia primaverile senza titolo, tratta dalla bella antologia dell’editore Controluce, Nell’uomo, di Elena Clementelli, classe 1923 (coetanea di Calvino e Testori, ma per fortuna molto più longeva) che allude alla favola bella dannunziana, a tutti i miti sublimi e caduchi della grecità: al disco tagliente che l’Apollo del mito, raccontato anche da Pavese, scaglia negli occhi di Giacinto uccidendolo, non per sbaglio ma volutamente, per consegnarlo alla bellezza della giovinezza senza corruzione, per sempre. Lo trasforma in fiore perenne, appunto.
Ancora una volta la poesia si dimostra la sublime dignità della domanda, della percezione di una assenza. Palese, mi sembra, che la favola bella non soddisfi la felicità che riempie il cuore dell’uomo quando un qualche miracolo accade veramente nella piccola storia di ogni giorno…
prima che anche i glicini e le acacie
si accorgano dell’inganno,
nascendo-morendo
alle nevi d’aprile,
alle gelate di maggio.
Vorrei raccontartela a pieni colori,
a pieni odori,
la favola bella che più non c’illude,
perché almeno un’eco ti resti
dell’antico miracolo
dalle statistiche escluso, dai calendari bandito.
Dunque, c’era una volta…