Le incognite della tragedia siriana
Tempo di lettura: 2 minuti«La tragedia che si consuma in Siria è quella di un Paese dalla storia e dalla civiltà plurimillenaria, che aveva saputo dotarsi del tessuto sociale e culturale più avanzato del mondo arabo». Così il poeta siriano Adonis, considerato il più grande poeta arabo esistente, sulla Repubblica del 19 aprile. Continua Adonis: «Dopo 200 anni d’impegno e di lotta per la modernità, per il progresso, la liberazione, da quando Muhammad Ali in Egitto, fra Settecento e Ottocento, aprì le porte della modernità, ora quelle porte sembrano chiudersi. Sarebbe davvero tragico se ci liberassimo di un fascismo militare per insediare al suo posto un altro fascismo di stampo religioso; se la rivoluzione in Siria fosse confiscata dagli interessi strategici internazionali, dove la guerra ora oppone due fronti contrapposti: da un lato l’Occidente, dall’altro Russia e Cina. A cosa servirebbe la nostra rivoluzione? E che tipo di rivoluzione diventerebbe, se guidata da forze esterne? Assoggettarsi alle ingerenze esterne, semmai, è anti-rivoluzionario. È la prescrizione per una guerra civile, forse dettata da altri, con progetti disegnati altrove. E se è guerra civile, nessuno sa come andrà a finire: cosa succederà ai cristiani, alle minoranze, alle donne. Per tutto questo, l’opposizione deve parlare con estrema chiarezza, esprimersi sul futuro di questo grande Paese. La Siria ha il diritto di avere un regime degno del proprio popolo. Il crimine oggi è la distruzione di quel popolo. Una parte di colpa è dell’Occidente, che va associandosi alle forze pro-religiose o apertamente religiose nel mondo arabo. Non mostra interesse per l’uomo, per i suoi diritti: sembra farsi guidare piuttosto dai propri interessi. Sembra che voglia operare affinché il mondo arabo resti, e la Siria piombi, nell’oscurantismo medioevale». Adonis, oppositore del regime siriano, vive esule in Libano.