Aaron Mate: gli ucraini mandati al macello
Tempo di lettura: 4 minuti“Gli Stati Uniti ammettono di aver spinto l’Ucraina in uno scontro che non può vincere”. Questo il titolo di un articolo di Aaron Mate che pubblichiamo di seguito.
A quasi un mese dall’invasione della Russia, il New York Times aveva tranquillamente abbandonato ogni remora sul fatto che l’obiettivo degli Stati Uniti fosse quello di difendere l’Ucraina e giungere a una conclusione rapida della guerra. La Casa Bianca, riferiva il Times, “cerca di aiutare l’Ucraina a far finire la Russia in un pantano, evitando, allo stesso tempo, di aprire un conflitto di grande scala con un nemico dotato di armi nucleari o possibili percorsi di distensione”.
Diciotto mesi dopo, il pantano è stato raggiunto. Ciò si è prodotto non solo grazie a un massiccio afflusso di armi NATO, ma anche al contrasto attuato dall’Occidente di ogni iniziativa concreta di distensione, in particolare l’accordo di pace Ucraina-Russia dell’aprile 2022 che Boris Johnson ha mandato a monte.
Avendo come obiettivo principale impantanare la Russia, gli Stati Uniti e i loro partner hanno dimostrato il loro disprezzo per le decine di migliaia di vite ucraine sacrificate per raggiungere tale esito.
Fino all’ultimo ucraino
Nelle prime fasi della guerra, solo i fautori più estremi di questa guerra per procura, come ad esempio il senatore Lindsey Graham, potevano ammettere candidamente che il sostegno degli Stati Uniti garantiva che l’Ucraina “combattesse fino all’ultimo uomo”.
Ora che l’Ucraina si sta impegnando per organizzare la tanto pubblicizzata controffensiva, l’indifferenza per il tributo umano che sta pagando [Kiev] è più evidente.
Così ha riportato di recente il Wall Street Journal: “Quando l’Ucraina ha lanciato la sua grande controffensiva questa primavera, i funzionari militari occidentali sapevano che Kiev non aveva né l’addestramento né gli armamenti – dai proiettili agli aerei da guerra – necessari per sconfiggere le forze russe. Ma speravano che il coraggio e l’intraprendenza degli ucraini li potessero comunque alla vittoria. Non è andata così”.
Non è chiaro come i funzionari occidentali potessero “sperare” che l'”intraprendenza” ucraina potesse compensare l’addestramento e le armi che non gli erano stati forniti.
Un teatro di guerra, dopotutto, non è una puntata di MacGyver o dell’A-Team e l’avversario che sta affrontando l’Ucraina sembra che sia uno degli eserciti più potenti del mondo. Tuttavia non è difficile capire quale sia il significato operativo che l’Occidente ascrive all’espressione “coraggio ucraino”: la determinazione a usare i soldati ucraini come carne da macello.
“Alti funzionari statunitensi”, riportava il New York Times, “in privato hanno espresso la loro frustrazione per il fatto che alcuni comandanti ucraini tentennano… piuttosto che attenersi alle tattiche occidentali e attaccare con più determinazione per sfondare le difese russe”.
Il Times non si premurato di chiedere a questi funzionari statunitensi se sia opportuno esprimere “frustrazione” per la decisione di un altro militare – che peraltro affermiamo di sostenere – che vuole evitare che “aumentino le vittime” tra le sue truppe. Ma Andriy Zagorodnyuk, ex ministro della difesa ucraino, ha posto una domanda altrettanto importante ai suoi omologhi statunitensi: “Perché non vengono qui e lo fanno loro?” [ciò che chiedono a noi ndr.].
I funzionari statunitensi frustrati sono ben consapevoli del prezzo che sta pagando l’Ucraina. Secondo il New York Times, gli stati occidentali stimano che l’Ucraina abbia perso circa il 20% dei suoi armamenti nelle prime settimane della controffensiva, un “tasso di perdite sorprendente… mentre i soldati ucraini si scontrano contro le formidabili difese della Russia”. Stranamente, il Times omette qualsiasi accenno alle perdite di vite umane ucraine – una tacita ammissione, forse, che le vittime umane sono ancora più sorprendenti.
Come sempre più spesso si ammette, tutto ciò era previsto. “Gli analisti del Dipartimento della Difesa sapevano fin dall’inizio di quest’anno che le truppe ucraine in prima linea avrebbero subito gli attacchi aerei russi”, osserva il Wall Street Journal. O come afferma il Washington Post: “In privato, i funzionari militari statunitensi ammettono che, fin dall’inizio di quest’anno, la loro aspettativa, descritta in alcuni documenti di intelligence trapelati, riguardo la controffensiva ucraina era che avrebbero conseguito successi modesti”
[…] In altre parole, le “dichiarazioni pubbliche” delle autorità degli Stati Uniti erano fondate su menzogne da dare in pasto alla pubblica opinione per “attutire le conseguenze” del loro impegno in una guerra che sapevano perfettamente essere inutile e catastrofica.
Tra i protagonisti di questo pubblico inganno c’è il segretario della Difesa Lloyd Austin, che a marzo dichiarò che l’esercito ucraino aveva “ottime possibilità di successo”, nonostante in privato gli fosse stato comunicato l’opposto.
Per Washington questa guerra è una manna
Uno dei motivi degli attuali problemi dell’Ucraina, come ha recentemente ammesso il presidente Biden alla CNN, è che “gli ucraini stanno finendo le munizioni”, dichiarazione a cui ha aggiunto che anche “noi ne siamo a corto”.
Un altro fattore importante, rivelato da un documento riservato del Pentagono reso pubblico a febbraio, è “l’incapacità dell’Ucraina di impedire ai russi di raggiungere la superiorità aerea”. O, come ha avvertito di recente un alto funzionario europeo, “tutti temono che gli ucraini si troveranno a corto sia di munizioni che di difese aeree”.
“L’America non proverebbe mai a impegnarsi contro le difese di un nemico ben organizzato senza avere la superiorità aerea, ma [gli ucraini] non hanno tale superiorità aerea”, osserva John Nagl, tenente colonnello dell’esercito americano in pensione e professore all’US Army War College. “È impossibile sottovalutare quanto sia importante la superiorità aerea per uno scontro a terra che abbia un costo ragionevole di vittime”.
Secondo il Pentagono, l’ultimo afflusso di armi pesanti della NATO non cambierà la situazione. Intervenendo questo mese a una conferenza sulla sicurezza tenutasi a Washington, John Kirchhofer, capo dello staff della US Defense Intelligence Agency, ha affermato che la guerra in Ucraina è a un “punto di stallo” e che “nessuna” delle nuove armi fornite [a Kiev], compresi i missili Storm Shadow e le bombe a grappolo — “sono il Santo Graal che l’Ucraina vorrebbe”.
Di conseguenza, osserva il Wall Street Journal, l’improbabilità di “una qualsiasi svolta su larga scala da parte degli ucraini… solleva la prospettiva inquietante per Washington e i suoi alleati di una guerra più lunga, che richiederebbe una nuova, enorme, fornitura di armamenti avanzati e il relativo addestramento per poter dare a Kiev una possibilità di vittoria”.
Per Washington, forse questa prospettiva non è inquietante. Secondo l’autorevole editorialista del Washington Post David Ignatius, la guerra in Ucraina ha già prodotto una “estate trionfale” per l’alleanza NATO.
“Il nemico più pericoloso dell’Occidente è stato destabilizzato”, scrive Ignatius. “La NATO è diventata molto più forte con l’ingresso di Svezia e Finlandia. La Germania si è svezzata dalla dipendenza dall’energia russa e, sotto diversi profili, ha riscoperto i propri valori”.
Di conseguenza, “per gli Stati Uniti e i suoi alleati della NATO, questi 18 mesi di guerra sono stati una manna strategica, a un costo relativamente basso (a parte gli ucraini)”.
In effetti, è abbastanza facile raccogliere una “manna” prodotta in 18 mesi da una guerra che gli Stati Uniti non stanno combattendo. [Washington] ha scientemente sacrificato le generazioni future di un’intera nazione, il cui valore è così sottovalutato che la loro ecatombe è stata ridotta a qualcosa di secondario.