Afghanistan: l'occupazione USA e la pedofilia dilagante
Tempo di lettura: 4 minutiÈ grande la preoccupazione per la sorte delle donne afghane. In altre note abbiamo raccontato come la tragedia di questo Paese non nasce con i talebani, ma dai quasi cinquant’anni di guerra ininterrotta.
E che gli Stati Uniti non sono parte della soluzione, ma del problema, così che il loro ritiro non è la tragedia che si racconta, bensì un ovvio sviluppo della storia che pur non risolvendo affatto i problemi dell’Afghanistan, ne elimina però uno, e non di poca rilevanza.
Così torniamo alle donne afghane, che sicuramente, come altre, amano i propri figli. E che negli anni di occupazione USA hanno visto i loro bambini presi dai membri delle forza armate afghane, quelle a supervisione USA, per essere preda dei pedofili che abbondavano tra le sue fila.
A rivelarlo, nel 2018, fu l’autorevole New York Times, che ha riferito di una Commissione d’inchiesta Usa incaricata di indagare sul fenomeno, riscontrando tale perversione tra le fila dell’esercito afghano e di come l’esercito degli Stati Uniti abbia chiuso entrambi gli occhi per non disturbare i suoi ascari.
“Dal 2010 al 2016, – scrive il New York Times – l’esercito degli Stati Uniti in 5.753 casi ha chiesto di indagare sulle unità militari afgane per verificare possibili casi di ‘gravi violazioni dei diritti umani‘. Se fossero stati riscontrati, la legge americana prevedeva che venissero tolti all’unità incriminata gli aiuti militari“.
Pedofilia: “Non è mai successo”.
“Questo il risultato di un’indagine sugli abusi sessuali sui minori da parte delle forze di sicurezza afghane e sull’indifferenza dei militari americani su tale crimine”, secondo il rapporto del Sigar, l’istituto speciale per la ricostruzione afghana.
“Il rapporto […] è stato considerato così esplosivo” da essere originariamente contrassegnato come ‘Secret/No Foreign'”, cioè segreto e da non rivelare all’estero, “con la raccomandazione che restasse classificato [segreto ndr] fino al 9 giugno 2042“.
“Il rapporto […] è dettagliato e, almeno nella parte resa pubblica, ha fatto poco per rispondere alle domande su quanto fossero diffusi gli abusi sessuali sui minori nell’esercito e nella polizia afghani e su come fosse usuale che l’esercito americano guardasse dall’altra parte, ignorando la pratica diffusa del bacha bazi, o ‘gioco da ragazzi’, cioè il fatto che i comandanti afgani tenessero con loro fanciulli minorenni come schiavi del sesso” (1).
Purtroppo, spiega il NYT, “l’intera portata di questi incidenti potrebbe non essere mai conosciuta”, data (l’ovvia) reticenza del Comando dell’esercito Usa. “Sigar ha dichiarato di aver aperto un’indagine sul bacha bazi su richiesta del Congresso e in risposta a un articolo del New York Times del 2015 che descriveva la pratica come ‘dilagante‘. L’articolo diceva che i soldati americani che si erano lamentati avevano avuto la carriera rovinata dai loro superiori, che li avevano incoraggiati a ignorare tale pratica”.
Poi il Nyt riporta alcuni casi: “Un ex ufficiale delle forze speciali, il capitano Dan Quinn, che ha picchiato un comandante afghano per aver tenuto un ragazzo incatenato al letto come schiavo del sesso, ha poi detto che a seguito di tale episodio era stato sollevato dal suo comando. ‘Stavamo mettendo al potere persone che avrebbero fatto cose peggiori di quelle che hanno fatto i talebani’, ha poi dichiarato il capitano Quinn, che ha lasciato l’esercito”.
E ancora: “Il sergente prima classe Charles Martland, un berretto verde pluridecorato, è stato costretto a lasciare l’esercito dopo aver picchiato un comandante della polizia locale afghana a Kunduz che era uno stupratore di bambini. Il sergente Martland si è infuriato dopo che il comandante afghano ha rapito il ragazzo, lo ha violentato e poi ha picchiato la madre del ragazzo quando ha cercato di salvarlo”.
Infine, “l’articolo del Times citava anche la morte sospetta di Lance Cpl. Gregory Buckley Jr., un marine degli Stati Uniti che è stato ucciso a un posto di blocco dove era di stanza con un famigerato comandante che aveva un seguito di ragazzi bacha bazi. Il caporale Buckley si era lamentato di quel comandante ed era stato ucciso, insieme ad altri due marines, da uno dei suoi uomini”.
Se i comandanti americani chiudevano tutti e due gli occhi su crimini tanto gravi, si può immaginare che altrettanto accadesse per crimini di minore o uguale portata, come stupri, furti, vessazioni, furti (ed è ovvio che i responsabili di tali crimini, insieme alla rete degli informatori Usa, vogliano scappare dal Paese, mischiandosi a quanti ne fuggono per disperazione).
Forse questa posizione accomodante verso gli alleati locali, presumibilmente non solo afghana, spiega più di altro il tasso monstre di sucidi tra i veterani di guerra dell’esercito degli Stati Uniti: un rapporto del Dipartimento dei veterani riporta che nel 2019 se ne erano stati registrati 17 al giorno, in crescita rispetto agli anni precedenti, che pure registravano cifre di poco inferiori.
In parallelo alla pedofilia, durante l’occupazione Usa, fiorivano altri crimini. Non per colpa diretta degli Stati Uniti, magari, ma certo della destabilizzazione permanente causata dalla loro presenza militare. Destabilizzazione che ha gettato un Paese già povero nella miseria più assoluta.
Ricordo un documentario della Rai in cui alcuni afghani raccontavano di fuoristrada dai vetri oscurati che rapivano giovani e bambini, che poi venivano ritrovati privi di qualche organo.
Non ho ritrovato quegli antichi documentari e solo il ricordo non basta. Ma ho trovato articoli sul traffico di organi in Afghanistan, in particolare dei reni, tanto che Arab News definisce questo Paese “la nazione da un rene solo” (sulla vendita dei reni vedi anche il Nyt: “In Afghanistan il boom del commercio dei reni depreda i poveri“).
Certo, sul traffico dei reni si può scrivere più liberamente, più arduo toccare il traffico di organi più vitali, come cuore, fegato e altro, perché questo uccide gli sventurati “donatori”: Ma chi commercia in reni, in genere, gli affianca altri “prodotti”. Cercheremo ancora, per vedere se da qualche parte questo traffico oscuro, che in questa sede possiamo solo ipotizzare, è stato registrato.
Durante questi anni è poi fiorito il traffico di bambini. Tanti, denunciava nel 2011 Save the children, in Afghanistan i pargoli “venduti, che vengono sfruttati sul lavoro e, spesso, sono costretti a prostituirsi”.
Certo, i talibani non sono certo una manna per la popolazione civile, ma guardare gli orrori del passato aiuta a essere meno irenici su quanto accaduto e a giudicare con più realismo quanto avviene ora,
(1) A quanto pare tale pratica ignominiosa era diffusa in Afghanistan, soprattutto nell’ambito dei potenti. Il rapporto non accusava il Comando USA di diffonderla, ne stigmatizzava l’indifferenza.