Afghanistan tra oppio, terrorismo e guerra. Il businnes infinito
Tempo di lettura: 3 minutiContinuano le trattative tra Washington e talebani in vista di un ritiro degli Usa dall’Afghanistan. Iniziativa che (forse) porrà fine a un capitolo della “guerra infinita” iniziata da George W. Bush.
Un capitolo, quello afghano, che vede l’intreccio inestricabile di guerra, terrorismo e droga, come raccontava un dettagliato articolo del Guardian del 2018 che val la pena riprendere.
Oppio e guerra fredda
Tutto inizia nel ’79, quando i russi intervennero in Afghanistan incontrando la resistenza dei mujihaidin sostenuti dagli Stati Uniti.
Durante il conflitto, finito nell’89, l’oppio fu una manna per la popolazione locale, essendo “un raccolto ideale per un Paese devastato dalla guerra, perché richiede pochi investimenti di capitale ed è facilmente commercializzabile”, come recitava un report statunitense dell’86.
Sempre secondo il rapporto, a beneficiarne maggiormente furono i miliziani, che sfruttarono la produzione e il traffico di oppio “per finanziare l’acquisto di armi”.
“Le carovane che trasportavano le armi della CIA dirette alla resistenza spesso tornavano in Pakistan piene di oppio”, riferisce il Guardian, “con l’assenso degli ufficiali dei servizi segreti americani.”
Dopo la sconfitta dei sovietici, e dopo l’interregno dei signori della guerra, a prendere il controllo del Paese, nel ’96, furono i talebani, che estesero la coltivazione del papavero da oppio in tutto lo Stato, offrendo protezione alle colture e al commercio e riscuotendo tasse sia per il raccolto che per l’eroina prodotta.
L’intervento statunitense del 2001 contro i talebani, deciso dopo l’attentato alle Torri, aveva come obiettivo la sconfitta del terrorismo, ma anche di porre fine alla produzione dell’oppio afghano.
Gli alti comandi Usa evidentemente ignoravano che erano stati gli stessi talebani a dare un duro colpo a tale commercio illegale ben prima del loro intervento.
Essi, infatti, nel luglio 2000 vietarono le coltivazione del papavero da oppio. Una decisione che portò all’eradicazione quasi totale dell’oppio dall’Afghanistan, come indica anche la crescita esponenziale del prezzo dell’oppio grezzo: da 28 dollari al chilo del ’97 a un record di 700 dollari alla vigilia dell’11 settembre, stando ai dati dell’ufficio delle Nazioni Unite per la droga e il crimine (UNODC) del 2002.
Inaspettatamente, poco dopo l’attentato alle Torri gemelle, il prezzo scese in caduta libera, arrivando a soli 90 dollari al chilo nell’ottobre del 2001.
Un commercio intaccato
In quell’ottobre, mentre iniziavano i bombardamenti americani, la CIA si alleò con i militanti musulmani che aveva appoggiato al tempo della guerra contro l’Urss, riferisce il Guardian.
Questi miliziani “erano nel frattempo diventati potenti signori della guerra ed erano attori di primo piano del commercio dell’eroina”.
Secondo un articolo del 2007 del NYT, Washington chiuse “un occhio sulle attività dei signori della guerra connesse alla droga “, tanto che l’illecita rete commerciale restò in piedi anche dopo la cacciata dei talebani da Kabul.
Situazione che, per una paradossale ironia, contribuì non poco alla “rinascita” della minaccia talebana, come afferma sempre il Guardian.
Nel 2018 il valore legato alla produzione agricola di oppio è stato stimato in 604 milioni di dollari, mentre “il valore lordo dell’economia degli oppiacei oscilla tra 1,4 e 3 miliardi di dollari all’anno” afferma sempre l’ UNODC riportando stime dell’Afghanistan Analysts Network.
Il papavero da oppio rimane quindi la coltivazione più diffusa dell’Afghanistan ed è un fenomeno in crescita, come rileva il rapporto dell’UNODC del 2018, tanto che nel 2017 le colture hanno registrato un “livello record”.
Il New York Times nel 2016 denunciava che anche le autorità afghane sono “coinvolte direttamente nel commercio dell’oppio” in dialettica con i talebani per “il controllo del traffico di droga”.
Non sappiamo se Trump riuscirà a ritirare le truppe Usa dall’Afghanistan e porre fine al lungo conflitto. Ma è certo che la conclusione della guerra non porrà fine alla produzione di oppio in Afghanistan, come sbandierato al suo inizio.
Anzi, prima dell’intervento americano l’Afghanistan aveva eradicato tale coltivazione, mentre ora produce l’87% dell’oppio mondiale. Dato che fa riflettere.
Pietro Paolo Pantarotto – DM
Nella foto in evidenza una sequenza del film “La guerra di Charlie Wilson”, che racconta la storia – vera e romanzata – dell’esponente del partito democratico Charlie Wilson, protagonista dell’operazione Cyclone, istituita allo scopo di fornire armi ai mujahidin afghani.