America Latina: il vento di destra e Maduro
Tempo di lettura: 3 minutiJair Bolsonaro si dice pronto a “ripristinare la democrazia in Venezuela“. E incontra i leader dell’opposizione del Paese confinante. Una dichiarazione di guerra.
Maduro nel mirino
Tira una brutta aria in Sud America, L’Oas, l’Organizzazione degli Stati Americani, ha dichiarato illegittimo l’ulteriore mandato di Nicolás Maduro, eletto ancora una volta presidente dopo elezioni che hanno escluso parte importante delle opposizioni.
La pressione sul caudillo di Caracas è fortissima. Il nuovo presidente del Parlamento venezuelano, Juan Guaidó, sta giocando una partita tutta sua, reclamando per sé poteri presidenziali grazie all’asserito appoggio dell’esercito, della società civile e della comunità internazionale.
Dichiarazioni che hanno avuto l’aperto incoraggiamento dell’Oas, che lo ha riconosciuto come presidente ad interim. Vista la mala parata, Maduro ha fatto arrestare Guaidó, per poi rilasciarlo subito dopo.
L’aggressività di Bolsonaro getta altra benzina sul fuoco. Peraltro il presidente brasiliano si sta coordinando anche con quello argentino, Mauricio Macri, la cui elezione ha rappresentato il primo passo simbolico sulla via della riconversione dell’America Latina all’antico, dopo gli anni di governo delle forze di sinistra successivi alle oscure dittature.
La virata dell’America Latina
Tale riconversione è prodotto dell’America first, che ha come corollario che l’America Latina torni ad essere il giardino di casa degli Stati Uniti. Una prospettiva che i feroci avversari di Trump sembrano condividere.
Il tempo delle sinistre, dei vinti di allora, che simbolicamente hanno portato al potere tante figure che negli anni oscuri subirono prigioni e torture, fu reso possibile anche dal fatto che il progetto globalizzante neocon non teneva in nessun conto l’America Latina.
Nessun contrasto statunitense, se non residuale, in quel periodo. Troppo impegnati a cambiare il mondo, non sprecarono risorse per contrastare la rivincita dei vinti. Si limitarono a infiltrarli e a frenarne l’iniziativa.
Adesso è evidentemente diverso: i giganti latinoamenicani, Argentina e Brasile, sono ormai appannaggio delle destre.
Colombia: la bomba sul dialogo
Ma a destra ha virato anche l’altro gigante latinoamericano, la Colombia (importante anche perché è il maggior produttore di cocaina al mondo), dove le ultime elezioni sono state appannaggio del candidato di destra Iván Duque.
In balia di una lunga guerra civile, con Manuel Santos la Colombia aveva intrapreso la via della riconciliazione nazionale aprendo la stagione del dialogo tra governo e guerriglia.
Quel tempo sembra ormai finito. E l’autobomba scoppiata oggi in una scuola di polizia (21 i morti), attribuita all’Eln, sembra chiudere ogni spiraglio di dialogo.
Il petrolio di Caracas
Resta in piedi lo chavista Venezuela, che ha la sfortuna di galleggiare su un mare di petrolio, del quale il governo di Maduro ostacola la predazione da parte di compagnie petrolifere d’Occidente.
Queste, purtroppo, sono più interessate che mai all’oro nero venezuelano, dal momento che non riescono più a controllare in maniera ferrea il mercato del petrolio, le cui regole risentono dell’influenza a volte decisiva della Russia (come dimostrano i recenti accordi tra Mosca e Riad e l’accordo tra Mosca e Berlino sul South Stream 2).
Di certo Maduro non è un figlio di Maria. E certo la sua lotta per la sopravvivenza conosce rigidità che ricadono sul popolo e sulla democrazia del suo Paese. Ma è, appunto, una lotta per la sopravvivenza contro forze invero soverchianti.
Né stanno portandogli fortuna i reiterati contatti con l’Iran, altro Paese produttore di petrolio messo sotto pressione da Washington.
Parita e varianti
Partita sempre più difficile quella dello chavista residuale. Dove alle usuali forze in gioco si aggiungono due variabili. La prima è costituita dal supporto russo, esistente da sempre, ma recentemente esibito con la “visita”di due bombardieri nucleari del dicembre scorso in Venezuela.
Infine, la variante vaticana: il Segretario di Stato Parolin è stato nunzio in Venezuela e certo ha ancora influenza nella Chiesa locale, la cui opposizione al caudillo è forte, ma anche pragmatica, come dimostra la presenza di un rappresentante della nunziatura all’insediamento di Maduro, disertato dai più.
Ad oggi la ripresa di un filo del dialogo tra governo e opposizione, opzione meno disastrosa di altre, appare impossibile. Vedremo.