L'amministrazione Usa contro la Pelosi per la visita a Taiwan
Tempo di lettura: 3 minutiLa visita di Nancy Pelosi a Taiwan, prevista per il mese d’agosto, ha innescato uno scontro nel cuore dell’Impero. Biden ha detto pubblicamente che i “i militari pensano che non sia una buona idea in questo momento“, manifestando in tal modo anche la sua personale disapprovazione. Ma a essere contrariati da tale visita sono più o meno tutti i componenti dell’amministrazione Usa, come rivelato da Ellen Nakashima e Cate Cadell sul Washington Post.
La Cina, obbiettivo preferito delle provocazioni della Pelosi
La Cina ha affermato che considera una “provocazione” severa la visita a Taipei di un esponente di tale rilievo degli Stati Uniti, con dichiarazioni pubbliche e meno pubbliche. Dei veri e propri “avvertimenti”, che, secondo alcuni funzionari dell’amministrazione interpellati da Us News, sono stati “molto più forti delle minacce che Pechino ha fatto in passato” per altre iniziative Usa non gradite.
Ad aggravare vieppiù la provocazione, secondo il Wp, tre fattori. Anzitutto il fatto che la Pelosi è stata particolarmente attiva contro Pechino, tanto che è arrivata addirittura a incontrare i leader dei ribelli indipendentisti di Hong Kong (e la linea rossa di Taiwan è appunto la sua indipendenza da Pechino). Da cui la particolare avversione della leadership cinese per la presidente della Camera.
In secondo luogo, il fatto che la visita presumibilmente sarà effettuata con un volo militare, come il Wp deduce dal fatto che, avendo richiesto alla segreteria della Pelosi se il viaggio fosse stato confermato, non ha ottenuto risposte adducendo motivi di “sicurezza nazionale”.
Il terzo, forse più grave, viene raccontato così dal Wp: “Anche la tempistica è delicata in quanto il viaggio si svolgerà pochi mesi prima di un importante congresso del Partito Comunista, lasso di tempo in cui è probabile che Pechino risponda in modo più aggressivo alle provocazioni percepite. In particolare, il presidente Xi Jinping, che dovrebbe ottenere un terzo mandato come leader, cosa che non ha precedenti, non intende subire alcuna offesa in vista del Congresso”.
La visita, infatti, costringerà giocoforza Xi a risposte dure, non potendo apparire incapace di difendere gli interessi nazionali di fronte ai rappresentanti del partito che dovrebbero rinnovargli la fiducia.
Anche perché i suoi nemici interni, che già usano sia i focolai intermittenti di Covid (che stanno travagliando le città cinesi) che il ridimensionamento della Nuova via della Seta per criticare la sua leadership, in caso di mancata reazione si vedrebbero regalato un altro fronte d’attacco.
Insomma, l’incendiaria Pelosi e i suoi compagni di merende rischiano di dar vita a un altro scontro tra potenze come già avvenuto in Ucraina, dove le minacce percepite dalla Russia hanno creato le condizioni per l’invasione russa.
L’amministrazione sta tentando di convincere la Pelosi a desistere, come spiega il WP, forse per evitare davvero lo scontro o forse solo per rimandarlo più in là nel tempo, quando cioè Giappone e Corea del Sud potrebbero avere le loro bombe atomiche e così evitare il coinvolgimento diretto dell’America nella politica di contenimento della Cina (scommessa, anche questa, ad alto rischio di conflitto nucleare).
L’opera di dissuasione della Pelosi è svolta nel segreto, annota il Wp, per evitare pubbliche lacerazioni tra l’Imperatore e la terza carca dell’Impero (e del partito democratico, di cui partecipano entrambi).
Una delle fonti del Wp ha però sottolineato che l’amministrazione “non può dire a Pelosi cosa fare”, dal momento che, come ha spiegato al giornale, “l’opinione pubblica comprende chiaramente che ora, più che mai, dobbiamo rispettare la separazione dei poteri”. Il riferimento è all’assalto a Capitol Hill, che l’establishment Usa rappresenta come una rottura delle dinamiche della democrazia, che devono essere ripristinate.
Ma ciò non convince Pechino, che “non accetta l’affermazione dell’amministrazione di non avere l’autorità per ordinare alla Pelosi di evitare la visita. ‘Gli Stati Uniti hanno la capacità di impedire a questi pagliacci di esibirsi a Taiwan’, ha dichiarato al Wp un funzionario cinese. “Ma ha deciso di non farlo già tante volte”.
La Pelosi ha dalla sua i falchi anti-cinesi, i quali mostrano i muscoli e ribattono che l’America non può accettare che Pechino “imponga veti” sulla politica estera Usa. Argomentazione invero capziosa, dal momento che il rispetto delle linee rosse altrui e dei limiti imposti dalla geopolitica è parte essenziale della politica estera di ogni Stato. A meno di esser preda a deliri di onnipotenza, come evidentemente avviene per tali ambiti.
Si rischia di ripetere lo scenario ucraino. E se la Cina invaderà l’isola – anche se la risposta all’eventuale visita dovrebbe essere meno catastrofica – si parlerà anche in questo caso di un’invasione del tutto ingiustificata e la Pelosi sarà trattata da eroina. La macelleria conseguente? Tutta colpa dei cinesi, ovviamente.
Concludiamo con una piccola annotazione sanitaria: la Pelosi avrebbe dovuto visitare l’isola già nell’aprile scorso, ma fu annullata causa Covid (forse vero, forse inventato dalla stessa per evitare l’imbarazzo di una ritirata, ma la sostanza non cambia).
Ora, invece, dopo che Biden ha pubblicamente manifestato la sua contrarietà al rinnovato proposito, a essere aggredito dal virus è stato lui. Tale la geopolitica del Covid.