L'assassinio di Prigozhin: la cronaca nera e la storia
Tempo di lettura: 4 minutiDalla Russia è arrivata la conferma della morte di Evgheny Prigozhin. Sabotaggio o bomba che sia, il comandante della Wagner è stato assassinato, associando al suo destino i capi della sua legione di mercenari, che in tal modo è stata decapitata (c’è stata ingenuità nel non dividere le loro vie, anche con l’attenuante della partenza da un aeroporto ritenuto sicuro).
Forse una scarsa lucidità o un ordine di scuderia ha portato i media mainstream occidentali a indicare in Putin il mandante. Una mera sciocchezza: la Wagner è necessaria alla Russia per la sua geopolitica, in particolare per la sua proiezione africana, motivo per cui, dopo l’improvvida marcia su Mosca di Prigozhin, Putin lo ha salvato, mettendolo ovviamente sotto stretta sorveglianza così che la sua libertà d’azione fosse prossima allo zero.
Putin non aveva alcun motivo, dunque, di eliminarlo e, se anche avesse deciso il contrario, i servizi segreti russi avrebbero percorso un’altra strada, ad esempio usando della sua malattia, ormai conclamata. Sarebbe bastata una dose sbagliata di farmaci o una terapia errata, come si usa anche in altre latitudini. Né avrebbe decapitato l’intera Wagner, creandosi un problema enorme di gestione della compagnia di ventura, in crisi con rischi di sfaldamento.
Dare la responsabilità a Putin per l’accaduto ha anche tale scopo: seminare dubbi all’interno della Wagner nel tentativo di destabilizzarla, cosa peraltro accreditata da tanti media. Ma i russi stanno lavorando al problema. Vedremo se e come lo risolveranno.
Brics e Prigozhin: di storia e cronaca nera
Al netto delle sciocchezze e delle manovre, l’assassinio di Prigozhin è stato un segnale alto e forte contro l’attivismo russo sulla scena mondiale. In particolare si voleva inviare un segnale ai Brics, che proprio in quel giorno annunciavano l’ingresso nel loro organismo di sei nuovi Paesi: Argentina, Egitto, Arabia Saudita, Emirati arabi uniti, Iran ed Etiopia.
Una vera e propria rivoluzione geopolitica, l’emergere plastico di un nuovo ordine mondiale alternativo a quello post ’89, che consegna agli Usa l’egemonia globale. Peraltro, l’ingresso simultaneo di Riad, Il Cairo, Teheran e Abu Dhabi porta a compimento il nuovo corso del Medio oriente, iniziato alcuni mesi fa con la distensione tra i Paesi del Golfo e l’Iran.
Non solo, intervenendo online alla riunione, Putin aveva dichiarato che ormai la de-dollarizzazione nei Paesi Brics è “irreversibile”. Si può immaginare quanto tutto ciò abbia irritato l’Occidente, dal momento che il dollaro resta ancora l’arma più potente dell’Imperium tecno-finanziario.
La morte di Prigozhin, oltre che uno scopo geopolitico e militare aveva anche un obiettivo mediatico, quello di oscurare quanto avvenuto nella riunione dei Brics in Sudafrica, che in tal modo è passato in sordina.
Non solo, si voleva colpire in maniera diretta Putin, sia uccidendo Prigozhin poche ore dopo il suo intervento ai Brics, sia mettendo a punto il sabotaggio – o attentato che sia – in un aeroporto di Mosca, violando così la sicurezza della capitale russa, segnale indirizzato anche alla sicurezza dello stesso presidente. Infine, potenza dei simboli, Prighozin è stato ucciso alla vigilia della ricorrenza della festa dell’indipendenza dell’Ucraina.
Eppure Mosca ha deciso di non dare eccessivo risalto alla notizia, sia nei media sia confermando la morte di Prigozhin solo giorni dopo. Ciò per tre motivi: il primo e più importante è per dar maggior risalto alla storia, cioè a quanto avvenuto in sede Brics, piuttosto che alla cronaca nera; il secondo per non dare troppa importanza alle falle della sicurezza di Mosca; il terzo per evitare che la morte di Prigozhin abbia un contraccolpo eccessivo sulla Wagner.
L’incidente e i timori d’Occidente
Così gli inquirenti russi hanno aperto un’inchiesta per incidente, decidendosi solo successivamente ad allargarla a possibili cause esterne, anche se è improbabile che si provi il sabotaggio (come ha detto Prigozhin in un’intervista previa, basta allentare qualche vite). L’inchiesta sulla sua morte sembra destinata a finire come quella sulla morte di Enrico Mattei, ucciso in un incidente aereo perché infastidiva i padroni del petrolio.
A segnare il destino del capo della Wagner anche un altro particolare non indifferente. Essendo la punta di diamante del colpo di stato contro Putin, aveva tradito i suoi complici accordandosi con lo zar.
Non solo l’onta del tradimento – da lavare col sangue – i suoi complici esterni erano letteralmente terrorizzati dal fatto che potesse rivelare dettagli imbarazzanti. Se è certo che Prigozhin ha contribuito a smantellare la rete dei cospiratori interni, avrebbe anche potuto rilasciare interviste sui suoi contatti con le agenzie estere e forse, seppur mediati, anche con alti politici d’Occidente.
Non per nulla, dopo l’accordo con Putin si erano susseguite dichiarazioni di analisti e politologi occidentali che suggerivano che lo zar lo potesse eliminare. Avvertimento lanciato addirittura dal presidente Biden, che gli aveva suggerito di stare attento al cibo.
Come detto, Putin non aveva alcun motivo di eliminarlo. Quello che temevano veramente è che rivelasse, appunto, i suoi accordi con l’estero.
Le compagnie di mercenari e la crisi del Niger
Nessuno in Occidente ha ovviamente pianto la morte di Prigozhin, ma il ritratto che ne hanno fatto i media risulta alquanto folcloristico e minato dalla propaganda.
In realtà, la Pmc Wagner non è altro che il corrispettivo russo delle tante compagnie di mercenari che da decenni fioriscono in Occidente, note per assoldare anche criminali e per svolgere il lavoro sporco al posto delle forze armate ufficiali. La famigerata Blackwater, che tanto orrore ha seminato in Iraq, insegna.
Anche se il legame più stretto con lo Stato russo rispetto alle corrispettive compagnie anglosassoni e la propensione della Wagner per l’Africa non può non suscitare richiami alla Legione straniera, altra meta di tanti criminali che pure sfila nelle parate d’onore parigine. Insomma, tutto il mondo è paese…
Resta da vedere come la Russia riuscirà a gestire la criticità della Wagner. E se, nell’immediato, la morte di Prigozhin avrà un qualche effetto sulla crisi del Niger.
Infatti, l’Occidente potrebbe pensare di sfruttare il più o meno momentaneo sbandamento della Wagner per costringere l’Ecowas a invadere il Paese africano, reo di aver rescisso i legami neocoloniali. Uno dei freni all’intervento dell’Ecowas, infatti, era costituito proprio dalla possibilità che Niamey ricorresse al soccorso della Wagner.
Non è una mera ipotesi: in Niger il timore di un’invasione è salito al parossismo dopo la morte di Prigozhin. Così, mentre l’Occidente festeggia il decesso di un criminale, sembra apprestarsi a usare la sua morte per perpetrare un crimine molto peggiore di quelli commessi dal suddetto, dal momento che l’invasione del Niger causerebbe un’ecatombe. Vedremo.
Ps. La filiale di al-Qaeda nel Sahel ha dichiarato la jihad – guerra santa – contro la Wagner. Non è una novità: le reti del Terrore hanno affiancato le manovre geopolitiche occidentali già in Siria, Libia, Yemen, Afghanistan… compagni di ventura ben strani (a proposito di criminali…). Tant’è.