L'attacco a Rafah e la follia suicida di Israele
Israele prepara l’attacco a Rafah. Lo segnala al Jazeera, che pubblica immagini satellitari di forti concentrazioni militari: “L’analisi [delle immagini] mostra che Israele ha spostato più di 800 veicoli militari in due basi. Almeno 120 sono posizionati al confine settentrionale della Striscia di Gaza e 700 nel deserto del Negev”. Inoltre, in questi giorni, Tel Aviv ha inviato due brigate di riservisti a Gaza.
Infine, la notizia dell’incontro tra una delegazione di alti funzionari egiziani e israeliani per concordare la pianificazione dell’attacco, dal momento che il Cairo non vuole che i palestinesi entrino nel suo territorio (Axios).
La mattanza di Rafah, poi Hezbollah, poi l’Iran… poi?
Così, mentre si rincorrono le notizie sulle fosse comuni rinvenute presso due ospedali di Gaza – 392 i corpi trovati, recita al Jazeera, “compresi donne, bambini e anziani, che mostravano segni di torture e di esecuzioni” – altri orrori si apparecchiano per il Nord della Striscia, dove sono stipate in condizioni inumane oltre un milione di persone.
L’offensiva verrà accompagnata dallo sfollamento dei profughi, che verranno spinti nelle zone della Striscia sotto il controllo israeliano. Altri stenti per dei civili che già hanno attraversato corridoi sicuri dove venivano bombardati e spinti in aree protette bombardate a loro volta. Per loro, annuncia il Timesofisrael, sono pronte 40mila tende. Come faranno un milione di palestinesi, stima in difetto, a trovare riparo in 40mila tende è uno dei tanti misteri di questa guerra (25 persone per ogni tenda..).
Si ricordi, a tale proposito, che per compiere un genocidio non servono necessariamente le camere a gas di infausta memoria: quello armeno fu consumato attraverso stenti indicibili che tanto ricordano l’attuale. Al di là del verdetto della Corte dell’Aia, quanto si sta verificando nella Striscia rimarrà incancellabile nella memoria collettiva e sarà definito con quel termine.
Israele coltiva la speranza che si applichi anche in questo caso la dinamica che vede che la storia venga scritta dai vincitori o, in alternativa, che una grande guerra regionale tutto dilavi, ma è una scommessa ad alto rischio in entrambi i casi anche per essa.
Sulla grande guerra, di interesse un articolo di Ravit Hect su Haaretz che spiega come “questo governo ha in programma per noi una fitta agenda di guerre”, riferendo una battuta, voce dal sen fuggito, di un ministro israeliano: “Prima Hamas, poi Hezbollah poi l’Iran” e ironizzando che nell’agenda non siano comprese anche Russia e Cina.
Una leadership di “maniaci”, come da definizione della cronista, che le menti più lucide attualmente al governo – cita Benny Gantz e Gadi Eisenkot – non riescono a instradare verso la “sanità mentale”.
Infatti, la leadership israeliana appare accecata. Non solo dalla sete di vendetta, anche dalla volontà di dimostrare la propria deterrenza; uno sfoggio muscolare del tutto fuori registro essendo applicato contro una forza militante munita di armamenti primordiali rispetto ai potenti e sofisticati apparati di cui dispone Tel Aviv – che peraltro non riesce ancora a vincere – e su inermi. Come se un pugile volesse dimostrare la propria forza picchiando un bambino. L’unica cosa che mette in mostra è la brutalità, come appunto sta accadendo.
La proposta di Hamas e l’opzione apocalisse
Accecata, la leadership israeliana non vede alternative alla Forza. Di ieri la proposta di Khalil al-Hayya, a capo della delegazione per i negoziati di Hamas: tregua duratura, riconoscimento di uno Stato per i palestinesi in cambio dello scioglimento dell’ala militare di Hamas, che aderirebbe all’organizzazione per la liberazione Palestina.
Una proposta che segnala una svolta, come si legge sul Jerusalem Post, che porrebbe fine al conflitto con Hamas, che altrimenti durerà anche dopo la conquista di Rafah. E che, soprattutto, indica che Hamas, in tal modo, riconoscerebbe lo Stato israeliano.
“Sebbene Hamas abbia precedentemente mantenuto una posizione intransigente contro Israele, questo spostamento verso una possibile soluzione a due Stati rappresenta una notevole concessione”, si legge nella conclusione del JP, che però annota come sia caduta nel vuoto. Alla leadership israeliana non interessa, perché si culla nella certezza della vittoria, certezza che sta precipitando nell’abisso tutto il Medio oriente (e oltre), Israele compresa.
D’altronde, come spiegava Yoav Rinon su Haaretz, “Il desiderio distruttivo di vendetta e suicidio è radicato nell’etica israeliana”, e ciò sia in ambito laico che religioso.
Se Sansone, che si suicida per uccidere i filistei, è diventato un eroe iconico per gli ebrei ultra-ortodossi – idealizzazione singolare della figura biblica – nell’ambito laico si è imposto il mito di Masada, che “si basa sull”eroismo’ di un gruppo di pazzi suicidi che si barricarono su una collina affacciata sul Mar Morto, combatterono una guerra senza speranza e alla fine si suicidarono”. Di interesse annotare che non tutti erano votati a tale destino, ma sugli altri s’impose con la violenza la setta più estrema, quella dei “Sicarii”, una fazione degli zeloti. La storia ha il vizio di ripetersi.
A margine, riportiamo la rivelazione di Pepe Escobar, il quale alcuni giorni fa aveva affermato di aver saputo da fonti altissime e affidabili che Israele voleva usare l’atomica contro l’Iran in risposta ai raid sul suo territorio.
Esplodendo in cielo, avrebbe creato un effetto Emp, cioè un blackout elettromagnetico devastante. Ma il jet partito per la missione sarebbe stato abbattuto dai russi. Contestato da suoi colleghi, Escobar ha tenuto il punto, avendo ricevuto altre conferme, altrettanto affidabili. Ma, ovviamente, tutti i Paesi coinvolti hanno interesse a “insabbiare” la cosa, afferma. Se vera, infatti, è troppo esplosiva.
Riportiamo la nota per dovere di cronaca, non confermando né escludendo, accennando solo che, nei giorni in cui Israele meditava di possibili ritorsioni contro l’Iran, un attacco Emp fu preso in considerazione, come da titolo del Daily Express Us (e di un’opzione di un’atomica sull’Iran per scatenare l’impulso Emp scriveva nel 2023 il professor John C Karkazis).
D’altronde, è pur vero che l’opzione apocalisse appartiene all’escatologia del messianismo ultraortodosso, oggi forza determinante dello Stato israeliano e, a stare a quanto scrive il succitato Rinon, può attecchire anche in ambiti più laici (vedi anche articolo di Haaretz dal titolo: “Israele, attenzione: con la guerra, gli ultranazionalisti ebrei apocalittici sono in uno stato di estasi”).