3 Gennaio 2025

Gli attentati d'America, Fort Bragg e l'Ucraina

L’ex Fort Bragg, ora Fort Liberty, che ritorna continuamente sulla scena degli ultimi attentati in USA, è la sede della sezione dell'esercito dedicata alle operazioni psicologiche dirette a condizionare persone o masse (ufficialmente usate contro i nemici degli Stati Uniti)
di Davide Malacaria
Gli attentati d'America, Fort Bragg e l'Ucraina
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Secondo l’Fbi l’attentatore di New Orleans ha agito da solo e l’esplosione della Tesla davanti all’Hotel Trump non è ancora stata classificata con sicurezza come atto terroristico, anche se il camion è esploso perché nel portabagagli conteneva quantità industriali di fuochi d’artificio e taniche di benzina che avrebbero dovuto aumentare l’effetto dirompente (i danni sono stati contenuti a motivo della resistenza del veicolo, un camioncino).

Detto questo, sull’esplosione all’Hotel Trump è più che interessante l’accenno del responsabile dell’Fbi di Las Vegas, il quale ha dichiarato: “Non ci sfugge che è avvenuto di fronte all’edificio Trump e che si tratta di un veicolo Tesla“. Messaggio chiaro al futuro presidente e al miliardario che è stato il deus ex machina della sua vittoria e un elemento basilare della sua futura amministrazione, dal momento che, oltre all’incarico ministeriale, Elon Musk è diventato un consigliere ad ampio raggio di Trump.

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Fort Bragg e le “operazioni psicologiche”

Nella nota pregressa abbiamo accennato come sia l’attentatore di New Orleans che quello di Las Vegas avessero frequentato la stessa base militare, che è stata identificata come Fort Bragg, quella dove si addestrano i reparti speciali, i berretti verdi, che l’America usa nelle conflittualità più intricate e oscure,

Per inciso, Fort Bragg, che da poco ha preso il nome di Fort Liberty, è anche la sede istituzionale e operativa del 4º Psychological Operations Group, la sezione dell’esercito dedicata alle operazioni psicologiche, le cosiddette Psyops, dirette a condizionare persone o masse, ufficialmente usate contro i nemici degli Stati Uniti (non sfugge che potrebbero essere usate anche per condizionare alleati o gli stessi americani, accusa spesso mossa a tale reparto).

Al di là dell’inciso, va notato che Matthew Livelsberger, il berretto verde che si è fatto esplodere (o è stato fatto esplodere) a Las Vegas dopo essersi sparato un colpo in testa (lui o chi per lui), appare immortalato in una foto con indosso una t-shirt con in bella vista lo slogan “Slava Ukraini” e l’immagine correlata a tale slogan.

Secondo Newsweek potrebbe esser stata scattata nel 2016, ma ci azzardiamo a ipotizzare che potrebbe essere anche più recente, dal momento che tale slogan è ora di più stretta attualità.

Matthew Livelsberger Photo Appears to Show Pro-Ukraine Support

La base in Germania e l’addestramento di soldati ucraini

Livelsberger era attualmente di stanza e attivo presso una base militare in Germania. Nessuno finora ha detto o scritto di quale base si tratta, né di cosa si occupasse in Germania, nonostante siano notizie facilmente reperibili dall’Us Army. Tant’è. Ma se mettiamo insieme due elementi si può forse ipotizzare qualcosa.

Il primo elemento è la foto suddetta, il secondo lo prendiamo dal sito Task Purpose del 10 aprile scorso: “Durante la testimonianza resa oggi alla Commissione per gli stanziamenti della Camera, il capo di stato maggiore dell’esercito, generale Randy George, lo ha confermato, affermando che l’esercito statunitense ha addestrato oltre 17.000 soldati ucraini in Germania”.

La possibilità che un berretto verde specializzato in operazioni speciali e dedito alla causa ucraina abbia avuto l’incarico di addestrare gli ucraini non è affatto bassa. E forse la reticenza a fornire informazioni sulla sua attività in Germania si può spiegare proprio dalla necessità di evitare imbarazzanti accostamenti.

Non solo perché potrebbe gettare ombre su un’operazione di supporto a un Paese amico che l’America brandisce come eroica, ma anche perché anche l’uomo che a settembre aveva tentato di uccidere Trump presso il golf club di Mar-a-lago, Ryan Routh, nuotava negli stessi torbidi fiumi che portano a Kiev mercenari, soldi e armi, avendo reclutato contractors da inviare in loco (nel raccontare tale particolare, i media sono stati alquanto omissivi, raccontando di un esaltato che si è molto agitato senza però far molto per la causa; ma la sostanza non cambia).

Così quello dell’Hotel di Las Vegas sarebbe il secondo attentato a Trump con protagonisti impegnati nella causa ucraina. Si potrebbe commentare che la macchina che supporta l’Ucraina genera mostri, ma forse è un’ironia fin troppo facile.

Molto c’è ancora da scoprire su quanto si è consumato in America in questi giorni, ma è arduo che le inchieste portino a qualcosa. Lo denota un piccolo, ma significativo particolare:  Jennie Tar, cronista del New York Post, ha rivelato che lei e il suo giornale sono arrivati a casa del terrorista di New Orleans un’ora prima dell’Fbi. Incredibile, ma vero. Se i cani da caccia sono tanto confusi – a pensar bene – i lupi continueranno a imperversare.