18 Dicembre 2023

Dopo Sullivan, anche Austin in Israele per frenare la guerra

Nuovo tentativo USA per "moderare" Israele. Il rischio di allargamento della guerra a Hezbollah. La confusione delle cancellerie occidentali.
Dopo Sullivan, anche Austin in Israele per frenare la guerra
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Il Segretario della Difesa Usa Lloyd Austin è volato in Israele. Segue di qualche giorno la visita del Consigliere per la Sicurezza nazionale Sullivan. Evidentemente il messaggio di Sullivan, inviato in loco per tentare di frenare la brutalità dell’attacco a Gaza, se non arrestarlo, non è stato affatto recepito dalla controparte, da cui il nuovo tentativo, che denota insistenza, D’altronde i democratici rischiano di alienarsi voti preziosi in vista delle presidenziali.

Austin e la tutela dei civili

Nell’agenda di Austin non c’è solo la richiesta di moderare l’offensiva e forse, nel segreto, anche di adire a un cessate il fuoco. Tra le sua urgenze c’è anche quella di far sfumare le spinte per un allargamento del fronte verso Hezbollah, ampliamento minacciato dal ministro della Difesa Gallant, pronosticato da un articolo del Times di Londra oltre che da una ponderosa nota di Gadi Taub pubblicata su Tablet (secondo Responsible Statecraft le prospettive da “falco” di Tuab “riflettono il cuore pulsante dell’opinione israeliana”).

A spiegare che Lloyd è stato inviato per moderare la furia israeliana è il New York Times, che rammenta quel che ha detto il generale il 2 dicembre scorso a un forum della Difesa: “In questo tipo di conflitto, il centro di gravità è la popolazione civile. E se li spingi tra le braccia del nemico, trasformi una vittoria tattica con una sconfitta strategica”.

Anzi, in base alle sue esperienze militari pregresse di guerra urbana, ha rincarato la dose: “La lezione non è che si può vincere una guerra urbana proteggendo i civili. La lezione è che si può vincere una guerra urbana solo proteggendo i civili”.

L’incidente di Biden

Incerto l’esito della missione di Lloyd, anche perché tutto si gioca in una moral suasion all’interno della leadership israeliana, nella quale i falchi per il momento hanno la meglio sulle teste più lucide. Senza pressioni più stringenti è difficile piegare il recalcitrante Netanyahu, che sta puntando tutto il suo futuro politico su questa guerra e sulle possibilità che essa apre (guerra in Libano e conflitto ibrido con Teheran, come annuncia Taub).

Peraltro, l’amministrazione Biden appare sempre più indebolita, oltre che inseguita dalla sfortuna. Dopo aver subito l’impeachement, a Biden è accaduto che al termine di un intervento pubblico un’automobile investisse un’auto della sua Sicurezza. Più che l’incidente in sé, che ha fatto scattare l’ovvio allarme, colpiva l’espressione confusa e inebetita dipinta sul volto del presidente al momento del crash.

Il FT e i ministri degli Esteri di Londra e Berlino

A rafforzare la missione di Austin, un editoriale del Financial Times aspramente critico verso Netanyahu, al quale rinfaccia errori pregressi e attuali, e conclude ammonendo sull’importanza di un accordo con l’Autorità palestinese: “L’unico futuro sicuro per Israele risiede in un accordo con i palestinesi […] nel suo momento più angosciante, Israele ha bisogno di leader che riconoscano questa realtà e siano disposti a sostenere la causa di una soluzione a due Stati. Netanyahu non è mai stato un leader del genere”.

In parallelo, la stralunata dichiarazione dei ministri degli Esteri di Londra e Berlino pubblicata sul Sunday Times, che recita così: “”Dobbiamo fare tutto il possibile per aprire la strada a un cessate il fuoco duraturo, che porti a una pace duratura. Prima è, meglio è, la necessità è urgente. Troppi civili sono stati uccisi”. Tuttavia, aggiungono, “non crediamo che invocare adesso un cessate il fuoco generale e immediato, nella speranza che diventi permanente, in un modo o nell’altro, sia la strada da seguire“. I falchi israeliani avranno giustamente sorriso: finché i suoi alleati europei e americani perseverano su questa linea di ferma ambiguità hanno mano libera.