2 Marzo 2023

Bakhmut: il simbolo dell'inutile strage ucraina

Una veduta aerea di quel che resta di Bakhmut. Bakhmut: il simbolo dell'inutile strage ucraina
Tempo di lettura: 4 minuti

Il fatto che Kiev abbia inviato rinforzi a Bakhmut può voler dire che è intenzionata a difenderla fino all’ultimo ucraino o che voglia far concentrare i russi nell’area per attuare un’offensiva primaverile altrove. Oppure semplicemente che voglia coprire le spalle al ritiro delle truppe.

Bakhmut: l’inutile strage

Lo scrivono Matthew Mpoke Bigg e

Quanto alle prospettive della guerra, appare interessante un altro articolo del Nyt, stavolta a firma di Thomas Meaney, che spiega come i successi (veri o asseriti tali) della resistenza ucraina e i deficit palesati dall’esercito russo (asseriti o reali che siano) hanno “aumentato gli obiettivi dell’Ucraina” che, se nei primi giorni di guerra erano bassi, ora sono massimi, cioè “la riconquista di ogni centimetro del territorio occupato dai russi, compresa la Crimea”.

“Il guaio è che l’Ucraina ha un solo modo infallibile per realizzare questa impresa a breve termine: il coinvolgimento diretto della NATO nella guerra. – scrive Meaney – Solo il pieno dispiegamento di truppe e armamenti della NATO e degli Stati Uniti in stile Desert Storm potrebbe portare a una vittoria completa dell’Ucraina […] (non importa se un tale dispiegamento aumenterà le probabilità di una delle prospettive più cupe della guerra: più la Russia perde, più è probabile che ricorra alle armi nucleari)”. Parentesi indicativa.

Nessun motivo per proseguire la guerra

Ma, come rileva Meaney, “la vittoria completa è quasi impossibile“. E non solo perché gli armamenti promessi dalla Nato non arriveranno come da aspettative. “Il problema per Kiev è che, rassicurazioni pubbliche a parte, Washington non ha nessun interesse a entrare direttamente in guerra. Il generale Mark Milley, a capo degli Stati Maggiori congiunti, ha già espresso la sua opinione, cioè che vittoria totale sia per la Russia che per l’Ucraina è irraggiungibile a breve”.

“Il presidente Biden e il suo consigliere per la sicurezza nazionale, Jake Sullivan, sono stati irremovibili nell’impedire agli Stati Uniti di entrare direttamente nel conflitto. E anche gli americani non hanno manifestato interesse per un coinvolgimento diretto”.

“Gli Stati Uniti potrebbero persino avere interesse al proseguimento delle ostilità, perché la guerra riduce la capacità della Russia di agire altrove nel mondo, incrementa l’export dell’energia americana [favorito dal sabotaggio del Nord Stream 2… ndr] ed è un’ottima prova generale per il consolidamento e il coordinamento degli alleati in vista della guerra economica contro Pechino”(… solo economica?).

Quindi il Nyt prende in esame le esigenze reali dei duellanti. Mosca, secondo Meaney, sembra propensa ad accontentarsi di controllare quanto conquistato, cioè “territori che anche nella migliore delle circostanze è difficile che l’Ucraina possa riconquistare“.

D’altra parte, invece, “il futuro economico dell’Ucraina appare sostenibile anche senza i territori attualmente occupati dalla Russia”, dal momento che conserva lo sbocco al Mare e tanto altro. Mentre “l’Ucraina rischierebbe di mettere a repentaglio questa posizione in una controffensiva”. Non spiega l’enunciato, ma è ovvio: può perdere.

Quindi la nota si conclude discettando sul possibile ingresso di Kiev, nel dopoguerra, nella Nato (ma gli Usa, spiega, sono contrari) o nella Ue. Temi di scarso interesse attualmente. Quel che interessa è che la “completa vittoria” di Kiev è in realtà uno slogan vuoto. Nessun leader d’Occidente ci crede.

Negoziati passati e futuri

Così attualmente si sta lottando, e stanno morendo a migliaia, per decidere se una o più cittadine dell’attuale fronte, peraltro ridotte in macerie, in futuro saranno russe o ucraine.

E per il destino di qualche abitato fantasma si nega ogni possibilità all’apertura di finestre negoziali e si continua a inondare Kiev di armi. Sull’inutile strage che si sta consumando in ucraina appaiono interessanti le dichiarazioni di Fareed Zakaria alla Cnn: “La guerra si sta svolgendo sul suolo ucraino, le sue città sono bombardate e ridotte in macerie, così come le sue industrie, e la sua gente è sempre più indigente. Se andrà avanti così, varrà la pena chiedersi: stiamo lasciando che l’Ucraina venga distrutta per salvarla?“.

Così concludiamo con quanto rileva Ted Snider in un articolo pubblicato su Consortium News, nel quale annota come i leader d’Occidente pubblicamente sostengano la causa massimalista ucraina, in privato dicono che il loro sostegno ha un limite e che tale massimalismo non ha basi (e anche lui, come Meaney, reputa che l’ingresso di Kiev nella Nato non è un’opzione realistica).

“L’orrore di tutto ciò è che un’Ucraina, più piccola dei confini territoriali precedenti e armata dall’Occidente, ma non nella NATO, è esattamente come sarebbe stata se i suoi partner occidentali le avessero permesso di accettare gli accordi che aveva dichiarato di essere disposta ad accogliere prima della guerra o ai quali aveva provvisoriamente acconsentito nelle prime settimane di guerra, senza che fosse costretta a subire i flagelli della guerra” (sulle interferenze d’Occidente sull’apertura di negoziati vedi ad esempio la BBC o l’intervista dell’ex premier israeliano Naftali Bennet).