Benedetto XVI, in morte di un pastore
Tempo di lettura: 3 minutiTanti i commenti per la morte di Benedetto XVI, avvenuta l’ultimo giorno del ’22. In genere stucchevoli. A iniziare da quelle sue dimissioni, che in tali commenti rappresentano la cosa più importante del suo pontificato perché di portata storica, dal momento che non avevano precedenti se non Celestino V, che in realtà fece un “gran rifiuto”, come scrive Dante, cosa diversa da un farsi da parte ponderato e di prospettiva, come ha fatto Benedetto XVI.
Al di là del particolare – e della tempesta sulla pedofilia sulla quale l’agenzia saudita Arab news è più chiara di altri, rendendo merito a Ratzinger per quanto ha potuto fare – resta, in tanti commenti postumi, solo il ritratto, alquanto sgradevole, del papa teologo, del professore mite che ha fatto del rapporto tra fede e ragione il focus del suo pensiero, del tradizionalista impermeabile alla modernità e tante altre caratterizzazioni similari.
Tanto che, per rendere giustizia al povero pastore defunto ci sembra doveroso ricorrere a Charles Péguy: “Ce ne han dette tante, o Regina degli Apostoli / Abbiamo perso il gusto per i discorsi / Non abbiamo più altari se non i vostri / Non sappiamo nient’altro che una preghiera semplice“.
Narendra Modi e Cristo Signore
In fondo, nei versi del poeta c’è tutto il pontificato di Benedetto XVI, durante il quale ha avuto un solo unico desiderio: comunicare Gesù e il suo amore, cioè la sua carità, verso gli uomini. Lo ha compreso più il premier indiano e induista Narendra Modi che tanti teologi nostrani. Questo il suo tweet: “Addolorato per la scomparsa del Papa emerito Benedetto XVI, che ha dedicato tutta la sua vita alla Chiesa e agli insegnamenti di Cristo Signore”. Tale focus, peraltro, si evince agevolmente dalle sue tre encicliche. Basta stare ai titoli: “Caritas in veritate”, “Spe Salvi”, “Deus caritas est“. Tutto qui.
Tanto che il momento più alto del suo pontificato appare, come egli stesso sembrava suggerire nella lettera inviata per la morte del cardinal Meisner, quanto avvenuto durante la Giornata della gioventù a Colonia, quando, piuttosto che fare ulteriori discorsi ai convenuti, ha posto l’ostia consacrata al centro della scena e si è inginocchiato ad adorarla, invitando i presenti a guardare e adorare quella, piuttosto che guardare e ascoltare lui. Tutto, anche qui, di un’estrema semplicità (se abbiamo citato la nota di Arab news è anche perché anch’essa suggerisce l’importanza capitale di tale silente adorazione eucaristica).
Nella lettera di Benedetto XVI che abbiamo citato anche un’altra osservazione chiave: “Il Signore non abbandona mai la sua Chiesa, anche se a volte la barca si è riempita fino quasi a capovolgersi”. Considerazione che condensa tragico realismo e cara speranza cristiana. Limitarsi a presentare tale cenno come una polemica contro Francesco è riduttivo, un limite che non si addice al più ampio respiro di Benedetto XVI.
Un respiro, una prospettiva che gli ha fatto affermare più volte ciò che tanti pastori preferiscono obliare: “In vaste zone della terra la fede corre il pericolo di spegnersi come una fiamma che non trova più alimento”. Una constatazione che il passar del tempo ha reso sempre più realistica.
Benedetto XVI, l’ebraismo, l’islam e la Chiesa ortodossa
Avendo citato il sorprendente tweet di Modi, non si può non citare anche il comunicato di Benjamin Netanyahu, altrettanto sorprendente: “A nome di tutti i cittadini di Israele, invio le mie più sentite condoglianze al mondo cristiano per la scomparsa di Papa Benedetto XVI. È stato un grande leader spirituale, pienamente impegnato nella storica riconciliazione tra la Chiesa cattolica e il popolo ebraico […]. Lo ricorderemo come un vero amico dello Stato di Israele e del popolo ebraico”.
Se il rapporto con l’ebraismo è stato fecondo, più complesso quello con il mondo islamico, funestato da un cenno della lectio magistralis tenuta a Ratisbona che ha suscitato aspre polemiche. Un incidente di percorso che ha offuscato le speranze suscitate dalla sua storica visita in Libano, accolta con gratitudine dai sciiti e sunniti, sia comuni cittadini che autorità religiose (Asia news).
Grato anche il ricordo della Chiesa ortodossa, come ha sottolineato il Patriarca Kirill nel suo messaggio di cordoglio indirizzato a papa Francesco, nel quale ha ricordato che “durante il suo pontificato i rapporti tra Chiesa ortodossa russa e Chiesa cattolica si sono notevolmente sviluppati”. Un messaggio al quale ha fatto eco quello di Putin, anch’esso ovviamente indirizzato al Papa regnante.
Abbiamo citato tali messaggi piuttosto che quelli dei tanti leader occidentali, più o meno significativi, per sottolineare l’ampio respiro del pontificato di Benedetto XVI, che la difesa della Tradizione – in realtà la più semplice custodia della stessa – non solo non ha impedito, ma ha addirittura amplificato, contraddicendo certi dilaganti schematismi.
Ha avuto il peso di reggere la barca di Pietro nella tempesta più grave della sua bimillenaria storia e di affidarla nuovamente nelle mani del Signore quando gli è sembrato inevitabile fare un passo indietro. Stando alle cronache, tale affidamento ha accompagnato anche i suoi ultimi istanti. “Chiediamo a Dio di concedere a Papa Benedetto XVI benedizioni eterne in cielo”. Questa la preghiera della Chiesa cattolica cinese, alla quale ci associamo.
Ps. Ci permettiamo di segnalare, a margine di questa povera nota, un articolo di don Giacomo Tantardini su Papa Benedetto XVI pubblicato nel 2005 su 30Giorni.