Biden ha il Covid, Putin sta bene: quando la salute è geopolitica
Tempo di lettura: 4 minutiL’annuncio che Biden ha il Covid è arrivato quasi nello stesso giorno in cui il Capo della Cia William Burns ha incenerito le speranze di tanti in Occidente, che avevano creduto alla più o meno imminente morte di Putin, alimentata all’inizio della guerra ucraina attraverso un profluvio di articoli e servizi Tv.
La malattia di Putin, data per certa da analisti e medici interpellati da cronisti di vario genere, correva parallela alle notizie di un malcontento diffuso in Russia per l’attacco al Paese confinante, prossimo a sfociare in rivolte di piazza e congiure di palazzo; queste ultime, a loro volta, favorite dalla precaria salute dello zar.
Come correvano in parallelo alle descrizioni dello sfascio in cui versava l’esercito russo, preso letteralmente a calci dai valorosi ucraini. Tutte fandonie, ovviamente, propalate dalle agenzie di propaganda alle quali hanno prestato la loro penna e la loro voce una schiera di cronisti e anchorman, più o meno autorevoli, compiacenti e compiaciuti.
In questo modo si vincono le guerre di propaganda, ma difficilmente quelle reali, come dimostra l’evoluzione del conflitto. E però tali fandonie sono state utilissime a impedire che la realtà si imponesse in tutta la sua tragedia di una guerra senza scopo, che consentiva un’unica uscita di emergenza, la diplomazia.
Nulla di nuovo sotto il sole: si è ripetuto, solo per fare solo un esempio, lo spartito già usato per la guerra del Vietnam, proseguita per anni grazie a una propaganda che decantava le vittorie americane e le sconfitte altrui, nonostante a Washington sapessero perfettamente che il quadro era diverso e la guerra fosse già persa.
L’imperativo era non cedere a nessun costo, per evitare di ammettere la vittoria altrui, come sta avvenendo nel caso ucraino.
Per fare un piccolo esempio, al di là delle innegabili conquiste territoriali russe, bisogna evitare che si sappia che la Russia ha comunicato di aver distrutto, in sole due settimane dal loro arrivo sul campo di battaglia, quattro degli otto (o dodici) lanciamissili HIMARS con cui l’Ucraina avrebbe ribaltato le sorti della guerra.
La notizia non è stata ripresa, neanche per smentirla, ma, guarda caso, quasi in coincidenza temporale con tale comunicato, gli Stati Uniti hanno deciso di inviare altri quattro HIMARS in battaglia (Reuters)… potenza delle coincidenze temporali e numeriche.
Ma che tali sistemi d’arma non stanno sortendo l’effetto annunciato né lo avranno in prospettiva lo dice il fatto che in questi giorni si è tornato a parlare di inviare a Kiev dei jet da combattimento Nato. Un’ipotesi già prospettata a inizio guerra e scartata perché troppo pericolosa per l’escalation inevitabilmente connessa, oltre al rischio non trascurabile di vedere tali jet cadere come mosche sotto il tiro dei micidiali S-400, la cui efficacia è riconosciuta da tutti i militari del mondo.
Non si tratta di magnificare le potenzialità dell’esercito russo, ma di evidenziare le follie che abitano le menti dei dottor Stranamore che stanno dettando la linea alla Politica d’Occidente e come le loro strategie, anche considerando il più ristretto ambito militare, siano solo fumisterie, buone al massimo per allungare i tempi della guerra e tentare di logorare i russi, non per evitare la sconfitta ucraina.
Lo sanno perfettamente alla Casa Bianca, come ha riferito la CNN, la più autorevole Tv Usa, come sanno perfettamente che si concluderà con la cessione di parte dei territori ucraini alla Russia, ma “The show must go on”, anche se i morti fioccano.
E per evitare che questo tragico show finisca in fretta, per consunzione del difensore, occorre inventarsi qualcosa, anche a costo di correre il rischio di innescare una guerra termonucleare.
A confermare quanto scriviamo proprio le parole del Capo della Cia, che ha detto che “Putin sta bene, fin troppo“, dove quel cenno aggiuntivo non è un pendant e non si riferisce alla sola salute dello zar, ma al fatto che questi sta vincendo la guerra contro la Nato.
Così veniamo all’America e al Covid che ha contagiato il suo presidente, uno o due giorni dopo un’altra delle sue splendide gaffe, stavolta riferita alla sua salute, avendo dichiarato di avere il cancro, con la Casa Bianca precipitata nella costernazione e costretta a subito smentire l’enormità: Biden si riferiva a una patologia del passato, ormai superata.
Analisti americani hanno notato che, subito dopo la rivelazione dell’infezione del presidente, Hillary Clinton ha pubblicato su twitter un post della sua precedente campagna elettorale, ipotizzando che fosse il segnale che era pronta a correre di nuovo. Anche il cenno a commento, “in movimento” sarebbe indice di tale possibilità.
Al di là del futuro personale della moglie di Bill, resta che Biden si è attirato le ire degli Stranamore di cui sopra e dei fautori di una politica più muscolare. Da alcuni giorni i media mainstream stanno martellando sulla possibilità che lasci la presidenza a un polso più forte (quello della Clinton sarebbe fortissimo, così come quello della sua seppur sbiadita fotocopia, Kamala, l’attuale Vice).
Troppo debole, con lui alla guida degli States, è difficile alzare il livello dello scontro con la Russia, dal momento che è rimasto fedele al refrain iniziale, reiterato in ogni conferenza stampa, quando, alle domande aggressive sulle possibilità di incrementare l’ingaggio americano, rispondeva: “Volete la Terza guerra mondiale?”.
Biden non voleva questa guerra per procura con l’Ucraina (si ricordi quando ripeteva che non l’avrebbe difesa in caso di aggressione). Troppo debole, non ha potuto far fronte alle pressioni in tal senso. E però è un freno, per quanto debole, all’escalation. Da cui la spinta alla rimozione.
Non solo nel conflitto ucraino, anche sul confronto con la Cina, Biden sta cercando di tenere a freno l’aggressività dei costruttori di guerra, ma questo lo rimandiamo alla nota successiva.