Il summit Biden - Putin: intesa su Ucraina e Iran
Tempo di lettura: 4 minutiPoca visibilità per il vertice Biden – Putin. Un tempo tali incontri avevano risonanza ben più ampia, a dimostrazione che l’informazione ormai è gestita da altri centri di potere che non la Politica, come evidenzia anche la gestione della più grave criticità globale, cioè la pandemia, che è stata sottratta alla Politica e sequestrata da altri.
Esemplare, in tal senso la battuta di Biden, quando ha scherzato (“in maniera nervosa“, come ha sottolineato il New York Post) sul fatto che il vero presidente degli Stati Uniti fosse Fauci, lo zar del coronavirus americano e globale, In tempi bui, certe cose si possono solo accennare, o come fa Biden, si usa dell’ironia e di apparenti gaffe.
Ma al di là della digressione, pure non secondaria, resta che il summit tra i due presidenti si è svolto nonostante il forte contrasto, tesi a esacerbare le contrapposizioni. E, come spiegano tutti i report, è servito a sciogliere la tensione che si stava accumulando in Ucraina.
Da tempo i media mainstream riferiscono di allarmi di una possibile invasione russa, con una reiterazione ossessiva e degna di miglior causa, dato che si tratta di allarmi strumentali e infondati:
Mosca, infatti, sa bene che un conflitto in Ucraina sarebbe un’avventura del tutto controproducente, come annotava Anatol Lieven su Responsibile Statecraft in un’analisi di rara intelligenza (trovare il bene prezioso dell’intelligenza sui media mainstream è invero arduo).
Il summit riservato e il monito a Kiev
Il contenuto del summit è rimasto riservato e poco si sa di quanto si sono detti i due presidenti. Filtrano solo indiscrezioni sul fatto che i due si sono parlati con franchezza e in maniera costruttiva e che Biden avrebbe minacciato Putin sulla possibile invasione dell’Ucraina.
Così sui media mainstream si possono leggere solo i dettagli di tale minacce e le risposte di Putin, riferite dai presenti al colloquio, come se i due si fossero visti solo per minacciarsi a vicenda.
Meno ridicola l’analisi del politologo tedesco Alexander Rahr, pubblicata sulla Rossiyskaya Gazeta e rilanciata da Itar Tass, il quale ha osservato che l’incontro è durato “due ore”, annotando che se un presidente “avesse iniziato a minacciare l’altro, la loro conversazione non sarebbe durata così a lungo”… banale buon senso, ormai perduto.
In particolare sull’Ucraina si può registrare che, al contrario di quanto concludono i media, Biden, più che minacciare Putin, ha lanciato un implicito quanto chiaro monito a Kiev.
Infatti, dopo il summit, in procinto di recarsi in visita a Kansas City, ai cronisti che gli chiedevano se gli Stati Uniti avessero intenzione di mandare truppe in Ucraina, Biden ha risposto che tale opzione “non è sul tavolo”.
E ha aggiunto: “Abbiamo un obbligo morale e un obbligo legale verso i nostri alleati della NATO se questi dovessero essere attaccati, ai sensi dell’articolo 5; è un obbligo sacro. Tale obbligo non si estende all’Ucraina” (The Hill).
Non solo, ha anche smentito il presidente ucraino, che aveva elogiato la decisione della Nato di accogliere il suo Paese nell’alleanza. In un’intervista, Biden ha infatti dichiarato che tale adesione “è ancora da vedere“…
Insomma, ai falchi che speravano di accendere un focolaio di guerra in Ucraina ha fatto sapere che potrebbe ripetersi lo scenario della Georgia, quando il presidente Saak’ashvili, incoraggiato dai neocon di Washington, ha innescato un conflitto con la Russia, sicuro che gli Stati Uniti gli avrebbero dato supporto, cosa poi non avvenuta.
Gli arsenali atomici e il nucleare iraniano
Detto questo, nessun media d’Occidente ha riferito altro sull’incontro, come se davvero i due presidenti si fossero incontrati solo per parlare di Ucraina per due ore, in un dialogo che ovviamente non poteva portare a nulla di concludente (infatti, sul punto si è deciso di avviare un dialogo tra delegazioni dei due Paesi per arrivare a un accordo che chiuda la criticità).
Invece, in due ore hanno sicuramente parlato di altro. Secondo l’Itar Tass avrebbero parlato anche di una distensione in tema di armamenti nucleari, dato che i fondamenti posti dalla storica intesa Reagan – Gorbacev vacillano.
Ma soprattutto del Piano d’azione globale congiunto sul programma nucleare iraniano (Jpcoa), come si legge sul sito ufficiale del Cremlino, intesa stracciata da Trump e che Biden vorrebbe ripristinare.
Né poteva essere diversamente, dato che è il tema del momento e che a Vienna si stanno tenendo delicatissimi incontri per tentare di evitare una nuova guerra mediorientale, esito purtroppo più che probabile se i colloqui di Vienna collassano.
Nulla è trapelato su quanto si siano detti su tale questione i due presidenti, ma ambedue stanno spingendo per arrivare a un’intesa, incontrando un fuoco di sbarramento feroce da parte dei neocon.
In mancanza di indiscrezioni, qualcosa si può capire indirettamente dalle dichiarazioni del Direttore della Cia William Burns, convitato di pietra del summit tra i due presidenti, essendone egli stato l’organizzatore segreto (a tale scopo Biden lo aveva spedito Mosca il mese precedente).
Così è più che indicativo il fatto che, il giorno precedente l’incontro tra Biden e Putin, egli abbia detto che non “ci sono prove che l’Iran abbia deciso di armare il suo programma nucleare”, cioè di costruire una bomba atomica (Timesofisrael).
Smentita ufficiale delle tante notizie che davano per certo l’esatto opposto e rilancio ad alto livello della volontà dell’America, in accordo con la Russia, di trovare un’intesa con Teheran.
Ps. Poco prima del vertice online con Biden, Putin si era recato in India dove ha incontrato il presidente Modi per siglare importanti accordi commerciali, in particolare in ambito militare. Da tempo il presidente russo non usciva dal suo Paese, così tale visita denota l’importanza che egli annette al rapporto con l’India, nella nuova prospettiva asiatica che ha fatto assumere alla Russia, anche grazie ai nuovi legami con la Cina.
Il rapporto privilegiato tra Mosca e Pechino e quello instauratosi tra Putin e Modi potrebbe aiutare a distendere le tensioni tra i due giganti asiatici che, se seppur sopite, persistono, con focus sulla frontiera tibetana, teatro di recenti scontri tra i due eserciti.