Bilderberg: armonizzare, ambientare e...petrolio
Tempo di lettura: 4 minuti“Il Bilderberg è un appuntamento di élite. Anzi, è il laboratorio di una nuova élite transatlantica oggi non più prodotta spontaneamente dalla globalizzazione. Tra Brexit, Trump e caos nell’Ue, le due sponde dell’Atlantico sono più lontane ora che al tempo del primo meeting nel 1954”. Così Stefano Feltri, giornalista di punta del Fatto Quotidiano, invitato all’appuntamento annuale della controversa assise internazionale.
Controversa perché lì si deciderebbero i destini del mondo, nel segreto più assoluto, ché gli invitati hanno obbligo di riservatezza e guardie armate vigilano e ne sbarrano l’ingresso a estranei. Feltri minimizza, spiegando di non aver visto alcun “complotto”.
I potenti stanno altrove
Vero, i potenti del mondo non hanno bisogno del Bilderberg per creare prospettive e fabbricare destini, e certo non hanno bisogno di andare all’assise: hanno ben altre sedi, e ben più riservate, nelle quali incontrarsi e decidere. E non una volta l’anno.
Per sminuire l’importanza, ricondurla al suo livello reale, basta pensare che per l’Italia sono stati invitati, oltre al giornalista del Fatto quotidiano, anche il povero Matteo Renzi, del quale evidentemente sperano in un riciclaggio, e Lilli Gruber, brava giornalista che ultimamente spopola con un duetto polemico con Salvini, guadagnando audience a se stessa e voti all’ospite.
Nessun dirigente di banca, nessun rappresentate del potere reale, che, per quanto eroso, ha ancora un peso specifico sulle vicende italiane. E però, al di là, è pur vero che il Bilderberg a qualcosa serve, se ha prodotto dal nulla un presidente francese, l’ignoto Emmanuel Macron, e la sua creatura politica di vetro-plastica, En Marche.
Ma qualcuno c’è pure lì
A un anno dall’inizio del mandato presidenziale del suo pupillo, il presidente del Bilderberg, Henri de Castries, dichiarava entusiasta: “È bello avere per la prima volta da anni, un presidente francese in grado di articolare una visione europea molto profonda e molto strutturata”. Contento lui…
Sui rapporti tra de Castries e Macron, basta leggere il sito Bilderberg meetings, nel quale c’è un po’ di tutto.
Ed è pur vero che alla recente riunione, che si è tenuta in Svizzera, c’erano David Petreaus – che ha guidato le forze armate Usa in Asia e Medio oriente durante le guerre neocon (cacciato da Obama per uno scandalo) -, l’ultranovantenne ma ancora attivo Henry Kissinger, i dirigenti di Google, i dirigenti della Goldman Sachs – il più importante istituto finanziario internazionale -, dirigenti di corporate di mercenari, il generale Jens Stoltemberg, che guida la Nato e tanti altri (la lista completa dei partecipanti, per chi si vuol divertire, si trova cliccando qui).
Se certa gente si muove, non è certo per incontrare il povero Renzi. Il loro tempo è denaro, e tanto. E, se vanno a queste riunioni, è per discutere di problemi reali.
Armonizzare e ambientare
Tra i temi, oltre alla stabilità del globo, anche “Cina” e “Russia”, che non potevano mancare in un’assise atlantista; come anche la “Brexit”, di stretta attualità e sempre più hard. Ma anche la “sostenibilità ambientale”, dato che pure il fenomeno della simpatica Greta Thunberg è nato in laboratorio e va alimentato.
L’ambientalismo peraltro avrà sempre più importanza nella politica e nella società, ha una funzione importante, quella di far parlare d’altro e non dei problemi che possono urtare l’élite di cui sopra.
Un po’ inquietante il tema riguardante “l’armonizzazione dei social media”, eufemismo per “controllo”. Ma questi ragazzi son così: il controllo per loro è ossessione compulsiva.
Il Pompeo derivato
Detto questo, a quanto pare, per puro caso, Mike Pompeo si trovava in Svizzera negli stessi giorni della riunione. Più che probabile che qualcuno dei partecipanti importanti gli abbia comunicato qualche preoccupazione circolata nell’ambiente, nella parte “alta” degli invitati.
Perché è dalla Svizzera che il Segretario di Stato ha lanciato il suo strabiliante appello all’Iran per un “dialogo senza precondizioni”. Lui che in passato aveva dettato 12 precondizioni draconiane per intavolare delle trattative.
Secondo un analista russo, pseudonimo Saker, che abbiamo citato un’altra volta su queste pagine per le sue analisi intelligenti, in questi giorni l’élite, quella riunita in Svizzera e sparsa altrove, inizia a percepire la vera portata di un conflitto contro l’Iran.
Se a causa della guerra si chiude lo stretto di Hormuz, cosa più che probabile, il petrolio va alle stelle.
Ciò non solo vuol dire solo danni incalcolabili all’economia reale, ma anche alla finanza globale, dato che sul petrolio sono stati investiti centinaia di trilioni di derivati. Può scoppiare una bolla finanziaria al cui confronto quella che portò alla crisi del 2008 è una barzelletta.
Certo, l’esternazione pompeiana è stata prodotta da diversi fattori (vedi Piccolenote), ma magari anche questi trilioni hanno avuto il loro peso.