WSJ e Foreign Affairs: chiudere la magica guerra ucraina
“È ora di porre fine ai pensieri magici sulla sconfitta della Russia”. Questo il titolo di un articolo del Wall Street Journal del 16 novembre. Ancora più interessante il sottotitolo: “Putin ha resistito all’impegno energico profuso dall’Occidente per ricacciare le sue truppe fuori dall’Ucraina e la sua presa sul potere è salda. Gli Stati Uniti e i loro alleati hanno bisogno di una nuova strategia: il contenimento“.
Parola significativa quest’ultima, anche perché è stata usata finora nell’ambito del contrasto all’attivismo cinese, tanto da diventare una sorte di parola chiave, dal significato quasi simbolico, della politica estera americana nei confronti di Pechino.
Forse è una coincidenza temporale, ma forse no, l’articolo del WSJ è stato pubblicato lo stesso giorno in cui Biden incontrava Xi Jinping, come a definire un analogo approccio alle due superpotenze.
Come si è visto nel caso del Dragone, il contenimento si sviluppa a vari livelli (militare, economico-finanziario e politico) e può essere più o meno aggressivo, ma tende ad escludere il conflitto aperto.
Foreign Affairs: chiudere la guerra
Di interesse notare che il giorno successivo all’articolo del WSJ anche Foreign Affairs segnalava che è giunto il momento di ridefinire la politica estera americana nei riguardi dell’Ucraina, dal momento che la controffensiva è fallita e “il sostegno militare ed economico all’Ucraina ha cominciato a indebolirsi sia negli Stati Uniti che in Europa”.
“Tali circostanze – rileva FA – richiedono una rivalutazione globale dell’attuale strategia dell’Ucraina e dei suoi alleati. Tale rivalutazione evidenzia una scomoda verità: vale a dire che l’Ucraina e l’Occidente si trovano su una direttrice insostenibile, caratterizzata da un’evidente disconnessione tra i propri fini e i mezzi a disposizione [per conseguirli]”.
“Gli obiettivi di guerra di Kiev – l’eliminazione delle forze russe dal territorio ucraino e il pieno ripristino della propria integrità territoriale, Crimea compresa – rimangono legalmente e politicamente inattaccabili. Ma strategicamente sono fuori portata, certamente per il futuro prossimo e molto probabilmente anche oltre“.
“È giunto il momento per Washington di dar vita a una nuova politica che stabilisca obiettivi raggiungibili e armonizzi mezzi e fini. Gli Stati Uniti dovrebbero avviare consultazioni con l’Ucraina e i suoi partner europei per individuare una strategia che sia concentrata sulla disponibilità dell’Ucraina a negoziare un cessate il fuoco con la Russia e, contemporaneamente, a spostare la propria enfasi militare dall’offensiva alla difesa”.
In sostanza anche Foreign Affaires suggerisce che si passi da una fase conflittuale nei confronti della Russia a una fase di contenimento. Importante anche, e forse soprattutto, le firme in calce all’articolo della rivista: Richard Haass e Charles Kupchan, non cronisti qualsiasi, ma figure più che autorevoli dell’establishment Usa.
Il forcing per chiudere la guerra è iniziato ed è più che probabile che nel più ampio ambito dell’incontro tra Xi Jinping e Biden, che ha visto anche un dialogo serrato tra le delegazioni dei due Paesi, si sia parlato anche di questo. Peraltro, abbiamo segnalato che la portavoce del ministero degli Esteri russi, Maria Zakharova, aveva dichiarato pubblicamente che gli Stati Uniti avevano chiesto a Mosca di avviare un dialogo informale e pragmatico in via riservata.
Mondo multipolare o bipolare: la disfida aperta
Annuncio strano, quello della Zakharova, dal momento che si è voluto rendere pubblico ciò che la controparte voleva tenere segreto. In genere pubblicizzare una trattativa segreta serve ad affondarla, ma non sembra questo il caso, dal momento che Mosca ha tutto l’interesse a chiudere, e a chiudere tenendosi tutti i territori conquistati – come d’altronde è destino manifesto – perché si tratta di una indiscutibile vittoria.
Così l’unica spiegazione a tale annuncio, apparentemente improvvido, è che la Russia vuole trattare pubblicamente con la controparte, rifiutando la possibilità, evidentemente palesata nel vertice sino-americano, di far rappresentare le sue istanze dalla Cina, scelta da Washington come mediatrice.
Quest’ultima ipotesi lascerebbe comunque la Russia ai margini della geopolitica mondiale, la relegherebbe a un ruolo ancillare e subordinato rispetto alla Cina, che viene in tal modo scelta da Washington come unica potenza alternativa agli Stati Uniti in un nuovo ordine globale bipolare, che riprenda, sotto altre forme, lo schema antecedente al crollo del Muro di Berlino.
Mosca non accetta tale prospettiva e nella sua rivendicazione di una rinnovata agibilità politica, che le permetta di trattare in prima persona la fine del conflitto ucraino e altro, ha inteso ribadire la sua preferenza per un ordine globale multipolare, prospettiva peraltro abbracciata anche da Pechino e condensata in questi anni in cui i rapporti tra i due Imperi d’Oriente si sono intensificati.
Difficile che Pechino accolga il ruolo ritagliato per essa dagli Stati Uniti, essendo più consono ai propri interessi conservare il proficuo rapporto con Mosca e con tutti i Paesi che in questi anni hanno scelto come orizzonte il modello multipolare.
Ma la profferta degli Stati Uniti alla Cina nasconde una novità: anche l’establishment meno retrivo di Washington ha ormai preso coscienza che il mondo unipolare, con gli Usa come unica potenza mondiale, non ritornerà più.
A seppellirlo definitivamente è stata proprio la guerra ucraina, che avrebbe dovuto piegare la Russia e invece ha gettato nel cestino della storia tale sogno egemonico, che nel corso del conflitto è stato ribadito come un mantra nella nuova formulazione di una lotta esistenziale per rilanciare “l’ordine mondiale basato sulle regole” (ovviamente made in Usa). Non gli è andata bene, anzi.
Nella foto di apertura l’articolo del Wall Street Journal sulla magica guerra ucraina