La Cina sulla Luna e gli Usa fuori dalla Siria
Tempo di lettura: 3 minutiLa missione spaziale della Cina sulla faccia nascosta della Luna ha avuto “pieno successo”, dichiara ufficialmente Pechino. È la prima volta che una navicella atterra sul lato oscuro del satellite.
La Cina e l’America First
Missione importante per le prospettive scientifiche certo, ma soprattutto perché rilancia in modo definitivo il ruolo del Dragone nel mondo, come accenna anche il nome della navicella Chang’e-4, che rimanda all’inglese change, cambiamento.
Un rilancio che può apparire in dialettica con gli Stati Uniti, ma non è così, anzi. Con Trump, infatti, Pechino può trovare una composizione nelle distanze, perché, nonostante la sua America First, egli vuole portare il suo Paese fuori dalla pretesa esoterica che vede negli Usa il Gendarme del mondo.
Proprio perché basata sul realismo politico, l’America first lascia spazio a compromessi, come dimostrano le serrate trattative tra americani e cinesi di questi giorni (vedi Xinhua).
Negoziati che Trump ha elogiato, affermando che si tratta “con più onore” con i cinesi che non con i democratici Chuck Schumer e Nancy Pelosi (campione dei neocon il primo e dei liberal la seconda), con i quali sta litigando per il Muro al confine tra Stati Uniti e Messico – controversia al centro del dibattito politico Usa.
La visita di Kim in Cina
Cina e Stati Uniti non stanno negoziando solo in materia commerciale. La lunga visita di Kim Jong-un in Cina, che Xinhua ritiene tanto importante da tenerla come notizia principale da giorni, ha infatti rilanciato la prospettiva di un accordo tra Kim e Trump.
Come ha confermato ieri il presidente sudcoreano Monn Jae-in, che ha annunciato un prossimo vertice tra i due (New York Times).
Ad oggi il cammino distensivo avviato dal precedente summit Trump-Kim è stato bloccato dalle opposte rigidità.
I neocon stanno costringendo il presidente a non togliere le sanzioni a Pyongyang fino a quando non sarà completamente denuclearizzata.
Richiesta che Kim non può accettare senza un accordo che lo rassicuri sulla sicurezza sua e della sua nazione, che oggi vede minacciata dal massiccio spiegamento militare Usa ai confini.
Come hanno ripetuto diversi analisti, non vuole fare la fine di Gheddafi, il quale concordò un disarmo con gli Usa per poi finire assassinato.
Gli alleati di Trump
Di fatto, Xi ha fatto un assist a Trump, che ha legato al successo del negoziato coreano tanta della sua fortuna.
D’altronde il presidente Usa, mentre subisce duro contrasto in patria, trova alleati nel mondo, i quali sono coscienti che la sua rovina ripiomberebbe il mondo nell’abisso delle guerre neocon.
Tale armonia nascosta sussisteva anche con Obama. Ma questi, pur frenando in parte l’aggressività dei suoi, non riuscì a dar seguito alle tacite promesse di de-escalation globale, immaginando che a tale scopo bastasse l’accordo con l’Iran.
Non riuscì proprio perché si concentrò su un solo grande obiettivo, pur decisivo (ha evitato una guerra contro Teheran, possibile allora e ora più difficile).
Trump diversifica, aprendo più fronti di distensione: oltre al dialogo con Kim, quello con Putin e quello altalenante con Pechino. Mentre lavora a un’ardua de-escalation in Medio oriente.
E sebbene più volte sia stato bloccato, la diversificazione gli consente di riaprire porte in precedenza chiuse e costringe i suoi avversari a un continuo affanno.
Tattica che sta dando risultati, come dimostra l’annuncio ufficiale dell’inizio del ritiro delle truppe americane dalla Siria.
Certo, il ripiegamento subirà stop and go e difficilmente sarà totale. Ma la notizia ha valore in sé, indica che il presidente non sta cedendo alle immani pressioni che i neocon e Israele (vedi Timeofisrael) stanno esercitando su di lui perché receda o dilazioni i tempi.
Ps. L’annuncio del ritiro arriva dopo il fallimento della missione di Bolton in Medio Oriente, simboleggiata dal rifiuto di Erdogan di incontrare il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Smacco epocale: simbolo che i neocon non sono più i padroni del mondo.