23 Aprile 2020

I vaccini di Bill Gates e la propaganda anti-Pechino

I vaccini di Bill Gates e la propaganda anti-Pechino
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Bill Gates non è per tutti un benefattore, come in genere i media mainstream tendono a definire lui e altri oligarchi consimili (NYT). Tanti, infatti, non credono affatto nella filantropia dell’ex patron di Microsoft, la sua creatura dalla quale si è allontanato per dedicarsi al mondo della ricerca medica e dei vaccini in particolare. Allo scopo ha creato la Bill & Melinda Gates Foundation, che partecipa e controlla diversi organismi internazionali del settore. Un business fruttuoso, secondo i suoi critici.

Kennedy vs Gates

Ad accusarlo di varie malefatte, in questo campo specifico, vari media non allineati, e fin qui potremmo essere nel campo della dietrologia. Recentemente, però, a scendere in campo contro l’oligarca è stato nientemeno che Robert F. Kennedy Junior,  nipote del Presidente Usa J.F. Kennedy e figlio del fratello Robert.

In un articolo pubblicato su Childrenhealthdefence.org, sito dedicato ai fanciulli, attacca pesantemente Bill Gates per le sua campagne di vaccinazione in giro per il mondo (qui la versione integrale).

Le sue vaccinazioni, spiega Kennedy, hanno avuto effetti collaterali dannosi un po’ dappertutto. Ne dettaglia alcuni casi di cui il più significativo appare quello indiano. Accusa pesantissima, in questo caso, dato che la sua campagna anti-polio, durata dal 2000 al 2017, avrebbe causato la paralisi flaccida acuta a quasi mezzo milione di bambini.

Un flagello che, dopo l’espulsione della Fondazione di Gates dall’India, avvenuta nel 2017 (Reuters), è precipitosamente regredito, come registrato anche dall’Oms (cliccare qui).

Kennedy è un appassionato “no vax”, da cui certa sua intransigenza in merito ai vaccini (pur necessari in taluni casi). Ma certo, il fatto che Gates abbia chiesto l’immunità per eventuali danni provocati dai vaccini che sta sperimentando contro il coronavirus non rassicura.

Né rassicura il fatto che “gli Stati Uniti hanno tranquillamente superato le normative federali concedendo ai produttori di vaccini contro il coronavirus la piena immunità” sulle eventuali conseguenze (childrenshealthdefense.org).

La corsa a ostacoli per il vaccino

Sul punto sembra opportuno considerare che è iniziata una vera e propria corsa al vaccino contro il coronavirus, cui partecipano diversi Paesi. Corsa che non può che essere benvenuta. Ma la frattura Est-Ovest, alimentata dalla campagna contro la Cina, non aiuta il coordinamento delle ricerche in tal senso, che sarebbe più che auspicabile.

La campagna suddetta è montata poco a poco. All’inizio del suo dilagare in Occidente, gli unici a sostenere che occorreva mettere Pechino sul banco degli imputati erano i falchi Usa, a cominciare dall’alfiere neocon John Bolton, non a caso fiero sostenitore dell’esistenza delle armi di distruzione di massa di Saddam e della necessità della guerra irachena.

Una pressione potente, presto diventata fortissima, tanto che Trump, che pure aveva elogiato la Cina per il contrasto al virus, ha dovuto cedere, assecondando obtorto collo l’ondata di piena.

Se torniamo sul punto è perché in questa campagna è stata coinvolta anche l’Organizzazione mondiale della sanità, che Trump ha accusato di collusioni con la Cina per insabbiare informazioni vitali all’inizio dell’epidemia.

L’Oms ha informato gli Usa

Accusa che il Washington Post ha smantellato nel dettaglio, rammentando al mondo che con l’Oms collaborano 17 esponenti del Ministero della Sanità Usa, 16 dei quali lavoravano, e lavorano, per il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie.

I funzionari delle Agenzie governative Usa distaccati all’Oms, interpellati dal WP, hanno dichiarato di aver informato costantemente  Washington di quanto avveniva.

Nella loro secca smentita, i funzionari Usa dell’Oms si sono premuniti però di attenersi alla linea guida della narrativa coronavirus, ormai dogma di fede, asserendo che la Cina avrebbe in effetti nascosto informazioni preziose.

Bizzarro che abbiano ritrovato la voce solo ora, dopo mesi di afasia. Allora, quando l’Oms elogiava ripetutamente la Cina per quanto stava facendo, nessuno di loro ha trovato il tempo per dissociarsi. Tant’è.

Non si tratta di sostenere una linea filo-cinese, ma di registrare una tragica spinta propagandistica fondata sullo scontro tra Cina e Stati Uniti, che la risoluzione della pandemia da parte di Pechino rende urticante: l’Occidente al collasso teme un’ulteriore espansione dell’antagonista globale.

Foreign Policy

Anche un media non certo filo-Pechino come l’autorevole Foreign Policy, che pure fa suo il Credo sull’insabbiamento, registra con allarme la “propaganda” anti-cinese, che ha il solo scopo di “distrarre” dalle gravi responsabilità di Washington sul dilagare del coronavirus in America.

“Trattiamo la Cina come un ‘altro’ distante a nostro rischio e pericolo”, scrive FP, dato che in questa emergenza è necessario collaborare con Pechino, sper affrontare sia la tragedia sanitaria sia quella economica.

Da qui la necessità di una maggiore attenzione nel delicato settore dell’informazione: “Nell’era della disinformazione e del giornalismo d’assalto – scrive FP -, è fondamentale che scrittori, analisti, politici e giornalisti separino la verità dalla propaganda”.

E conclude: “Nelle ultime settimane, funzionari ed esponenti d’élite della politica estera degli Stati Uniti hanno dominato il flusso delle informazioni, nulla importando la risoluzione dei problemi e il coordinamento globale contro il coronavirus. Ora è il momento di concentrarsi su ciò che è necessario per proteggere vite e riavviare l’economia, evitando distrazioni pericolose”.