Coronavirus: Cina e Cuba for Italy
Tempo di lettura: 3 minutiPer contrastare il coronavirus “la Cina invierà altri medici in Italia e farà del suo meglio per fornire medicine e altra assistenza, ha detto il presidente cinese Xi Jinping in una conversazione telefonica con il Primo Ministro italiano Giuseppe Conte lunedì sera”. Così su Xinhua, l’agenzia stampa del Celeste impero.
La Dis-Unione europea
Si delinea una intesa nuova con Pechino, che supplisce alla totale assenza della Ue nel flagello che affligge l’Italia, abbandonata a se stessa da una comunità alla quale pur nominalmente appartiene.
La Ue non ha saputo, ma soprattutto non ha voluto, far nulla per far fronte comune in questa crisi. Al massimo ci è stata concessa una flessibilità sul debito pubblico, che la Germania ha poi usato per se stessa in misura esponenziale (25 miliardi di euro di aiuti contro i 550 tedeschi… non si capisce la ratio).
Una disgregazione che appare ancora più assurda ora che il virus dilaga in Europa. Tant’è: Bruxelles ormai è scomparsa dalle cartine geografiche, a parte il vacuo parlottìo del Presidente della Commissione europea, Ursula Van der Leyen, e quello disastroso della velina di Sarkozy, Christine Lagarde, che regge, non si sa a che titolo, le fila della Bce.
Parlano solo i capi di Stato dei Paesi europei, come al tempo di guerra, e ognun per sé e il virus con tutti. Muti, in Italia, i cantori di “più Europa”. È la fine, ci si augura, di un modello di Unione fondata su una moneta e non su una comunanza di destini. E che, al primo stormir di fronde, ha mostrato tutta la sua disunione.
L’offensiva benefica della Cina
Così, nonostante le folli proteste di alcuni, l’aiuto della Cina appare più che benvenuto. Pechino ha vinto la sua sfida al coronavirus uscendone più forte di prima (oggi riprede la produzione a Wuahn), dato anche il parallelo collasso dell’economia occidentale.
Quell’Occidente che non aveva fatto nulla per aiutarla nel momento del bisogno (solo l’Italia e poco altro) e che aveva visto taluni, e importanti, nascondere a fatica la soddisfazione per il guaio che si era abbattuto sull’antagonista globale dell’America.
Ora il Dragone propone al mondo la sua medicina, quella che ha debellato il nemico invisibile, offrendosi ai suoi partner naturali come l’Iran, dove il morbo imperversa mentre è ancora ristretto da sanzioni che definire disumane è poco (sorte condivisa dal popolo siriano, altra follia disumana dell’Occidente).
Ma offre il suo aiuto anche ai suoi antagonisti: il miliardario Jack Ma ha regalato agli Stati Uniti milioni di mascherine e di kit diagnostici per il coronavirus (South China Morning Post). Punta dell’iceberg (vedi donazioni al Belgio) di un’offensiva “benefica” che punta ad attutire la competizione Oriente-Occidente.
Certo, ha i suoi interessi, ma li persegue con mezzi altri da quanti, invece, hanno puntato tutto sulla guerra, e sulla guerra infinita, che vedeva (e vede) nel contenimento di Pechino il suo obiettivo finale, dato che è stata scatenata per preservare la primazia degli Usa sul mondo.
Aperture bilaterali
Il flagello coronavirus durerà tempo, purtroppo, reclamerà le sue vittime, degraderà l’economia globale e il tenore di vita dei cittadini. Potrebbe però portare a un attutimento dell’antagonismo globale, se la follia che negli anni recenti ha dominato l’Occidente sarà finalmente accantonata.
Peraltro, a margine, ma non troppo, si può segnalare come anche Cuba sia disposta a inviare in Italia medici, attrezzature e un suo farmaco sperimentato con esiti positivi sul campo (a Whuan), a ulteriore conferma che certi schemi del passato possono e devono essere abbandonati.
Flagellata da un embargo che l’ha impoverita, ma che per una felice eterogenesi dei fini l’ha anche preservata dal virus, Cuba offre quel che ha, la sua medicina (che ha certa fama), nella speranza che qualcuno si ricordi di ciò in un momento futuro.
Si tratta di Paesi comunisti, tale la loro colpa, il peccato originale che li rende invisi a tanto Occidente che il comunismo ha superato. Ma forse è il momento di ricomprendere la frase di Giovanni Paolo II, non certo un fan di Karl Marx, che nel suo primo viaggio all’Avana auspicò che il mondo si aprisse a Cuba e questa al mondo.
Sono due cose che vanno insieme, né può avvenire altrimenti, ché più tali Paesi sono contrastati, più i loro governi si arroccheranno a difesa, mentre il dialogo col mondo favorisce inevitabilmente riforme interne.
Quanto auspicato allora dal Papa polacco sta avvenendo adesso su più ampia scala, sotto la stretta del nemico comune. Nella tragedia, tale apertura va registrata e conservata per il futuro.