La crisi coreana e l'incidente di Kamala Harris
Tempo di lettura: 4 minutiLe tensioni nella penisola coreana sembra stiano scemando dopo una settimana di escalation, che ha toccato il suo apice quando la Corea del Nord ha lanciato un missile che ha sorvolato il territorio giapponese, provocando il panico, tanto che i residenti sono corsi ai rifugi. E sono proseguite con la risposta congiunta delle forze statunitensi e sudcoreane, che hanno lanciato quattro missili contro il Mar cinese orientale, uno dei quali ha colpito il territorio sudcoreano (memento significativo sulla fallacità e la pericolosità dei giochi di guerra).
Una delle tante escalation che si susseguono da tempo nella sfortunata penisola, che invano Donald Trump ha cercato di pacificare, vedendo i suoi lodevoli sforzi accolti con favore dai leader delle due Coree, ma sabotati dai fautori delle guerre infinite (d’altronde il suo Consigliere per la Sicurezza nazionale, John Bolton, non ha mai scantonato dall’idea di livellare la Corea del Nord a suon di bombe).
Le pulzelle incendiarie nella gita coreana
Tornando alla provocazione nordcoreana contro il Giappone, occorre sottolinearne la portata. Infatti è forse la più significativa tra quelle registrate nella storia recente, dal momento che negli altri momenti in cui Pyongyang ha fatto sfoggio dei suoi muscoli, si era limitata a lanciare missili nelle acque circostanti.
In genere tale sfoggio muscolare rispondeva a uno analogo della controparte. E anche in questa occasione il lancio è stato preceduto dall’ennesima esercitazione congiunta delle forze della Corea del Sud e degli Stati Uniti.
Ma stavolta la risposta è stata fuori registro, cosa alquanto insolita per un governo come Pyongyang che, benché bistrattato dai media d’Occidente, è guidato con una certa razionalità (altrimenti non avrebbe resistito a decenni di minacce, tensioni, sanzioni stringenti e calamità conseguenti alle sanzioni, comprese diverse carestie).
Il fatto è che questa volta nell’equazione coreana si era inserita una variabile nuova e più dirompente, che ha reso l’iniziativa della controparte più pericolosa agli occhi delle autorità di Pyongyang, così da spingerle a una risposta più consona alla minaccia percepita.
Il fatto è che mentre si svolgevano le esercitazioni congiunte Usa – Corea del Sud, la vicepresidente degli Stati Uniti ha pensato bene di visitare la linea di confine tra le due Coree, la Dmz (Korean Demilitarized Zone).
Una visita non certo di cortesia, dal momento che, al ritorno dal confine, ha dichiarato che gli Stati Uniti stanno lavorando per un mondo in cui “la Corea del Nord non sarà più una minaccia” (Washington Post).
Insomma, una vera e propria provocazione. Evidentemente la Harris voleva seguire le orme della sua più famosa collega, la speaker della Camera Nancy Pelosi, che nell’agosto scorso si era recata a Taiwan in un viaggio del tutto inutile quanto incendiario, che ha innescato una forte reazione di Pechino.
Probabile che la Vicepresidente volesse in tal modo ridare un qualche lustro alla sua immagine, che il tempo e le sue stolide defaillance hanno progressivamente logorato (se all’inizio del mandato di Biden tutto il mondo si era compiaciuto della sua nomina, tanto da parlare di un’amministrazione Biden – Harris, ora la Vice è uscita dai riflettori).
Ed è questo un altro rimando alla visita della Pelosi, anche lei giunta a Taiwan indossando i panni della guerrigliera della libertà per rifarsi un’immagine in vista della probabile fine della sua lunga carriera da speaker della Camera.
La Harris ha un obiettivo più ambizioso: con il presidente assediato dai dubbi su una possibile demenza senile, con i dem che lo stanno scaricando, c’è una possibilità (remota) di defenestrazione, Così vuole trovarsi pronta a prenderne il posto. Da cui l’immagine di comandante in capo sfoggiato sulla Dmz.
Di incendi e incidenti
Le donzelle incendiarie hanno fatto scoppiare degli inutili incendi, costringendo il mondo a confrontarsi con le conseguenze delle loro azioni. Certo, è ovvio che le loro missioni ad alto rischio hanno goduto il supporto dell’apparato militar-industriale e dei tanti falchi che cercano di provocare una guerra nel Pacifico, ma hanno incontrato anche un forte dissenso all’interno dell’establishment imperiale.
Ma, se la Pelosi era stata ammonita a non andare sia dal Pentagono che dallo stesso presidente, la Harris non ha suscitato analoga alzata di scudi. E però è più che probabile che il suo viaggio abbia incontrato lo stesso dissenso interno, se non maggiore.
Infatti, con l’America impegnata a sostenere con tutte le sue forze l’Ucraina, tanti, nel Pentagono e negli apparati, avranno trovato del tutto inopportuna l’apertura di un nuovo fronte di crisi.
Ma nessuno ha parlato, sia per la minore statura pubblica del personaggio, la cui provocazione quindi sarebbe stata più contenuta sia per evitare che l’amministrazione Biden fosse accusata di arrendevolezza di fronte alle asserite minaccia della Corea del Nord.
Inoltre c’era il rischio che si ripetesse il teatrino innescato dal viaggio della Pelosi, che ha visto il presidente Biden risultare impotente di fronte all’improvvida iniziativa della donna.
Se tale teatrino si fosse ripetuto, tale impotenza sarebbe stata oggetto di seria riflessione, in America e nel mondo, con relativo danno d’immagine.
Così la signora ha potuto fare la sua passeggiata sulla Dmz innescando l’ennesima crisi ad alto rischio, essendo la Corea del Nord dotata di armi nucleari, le quali, peraltro, possono essere usate in via preventiva, come da legge recente di Pyongyang sulla dottrina atomica, fatta conforme a quella Usa (Mosca ne prevede l’uso solo in risposta a un attacco).
Ma il destino a volte è bizzarro e la Harris, appena tornata dalla penisola coreana, è incorsa in un incidente automobilistico, cosa alquanto inusuale per un così alto vip della politica americana (non abbiamo memoria di precedenti). Mentre andava alla Casa Bianca, la sua automobile ha urtato una parete di una galleria.
Nulla di serio, per fortuna della Vice, anche se ha destato qualche ovvia preoccupazione nella Sicurezza, soprattutto perché in un primo momento l’incidente era stato attribuito a un guasto meccanico, che per tale Agenzia è sempre a sospetto di sabotaggio.
Al di là dei bizzarri quanto casuali incidenti di percorso, va registrato con sollievo che le tensioni coreane si stanno placando. La tempesta Harris, per fortuna, è durata solo una settimana.