14 Gennaio 2020

La crisi iraniana accelera la corsa in solitaria della Germania

La crisi iraniana accelera la corsa in solitaria della Germania
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La crisi iraniana ha una conseguenza inattesa, almeno da quanti l’hanno creata. Ed è la nuova distanza che si sta palesando tra Germania e Stati Uniti. Non un accadimento improvviso, ma un processo iniziato da tempo, che fa più larghe le sponde dell’Atlantico.

Ma prima occorre tornare all’omicidio di Qassem Soleimani, avvenuto in terra irachena, e precisamente all’aeroporto di Baghdad, che ha reso furibondi gli sciiti del Paese.

Non solo per l’uccisione del generale iraniano da loro venerato, ma anche per quella del vice comandante delle Forze di mobilitazione popolare, Abu Mahdi al-Muhandis.

Le azioni di guerra degli Stati Uniti contro l’Iraq

Un atto di guerra contro l’Iraq che si associa a quello perpetrato contro l’Iran per l’assassinio di Soleimani, perché le milizie sciite sono coordinate con l’esercito regolare iracheno, riconosciute quindi a livello statale, dato il loro contributo alla lotta contro l’Isis.

Non solo, la strage è stata compiuta sul loro territorio, contro tutte le norme del diritto internazionale. Una duplice azione di guerra, dunque, che ha spinto il Parlamento iracheno a votare per l’espulsione delle forze americane dal Paese, delibera diventata esecutiva con la nota del premier Adil Abd al-Mahdi, che ha invitato il Pentagono a definire un percorso per il loro ritiro.

Sorprendente, e contro tutte le norme del diritto internazionale, la risposta degli Stati Uniti, che per bocca di Mike Pompeo hanno incredibilmente riaffermato la “partnership” strategica con l’Iraq.

Altra dichiarazione di guerra, che rischia di provocarne una vera, peraltro nel Paese che gli Usa hanno invaso nel 2003 con false motivazioni (vedi armi di distruzione di massa).

Il ritiro dall’Iraq e non solo

Ecco che a questo punto si segnala la decisione della Germania, che per prima ha ritirato le sue truppe dall’Iraq, dando il “la” al ritiro-dispiegamento dei militari inviati dagli altri Paesi europei.

Decisione secca e irreversibile, a sorpresa. Alla quale segue l’annuncio che la Germania costruirà nuove navi da guerra per 6 miliardi di euro (Reuters), cosa che prospetta un Paese più assertivo sulla scena internazionale.

Nello stesso giorno, la notizia della creazione di un “networking d’élite” per “rafforzare i legami tra Germania e Cina” (Reuters), che suona come una ribellione aperta all’approccio aggressivo di Washington nei confronti di Pechino.

Tutto questo segnala un distacco dagli Usa, che sta allontanando la Germania dalla tutela americana, che grava su di essa dalla fine della seconda Guerra mondiale.

Non è cosa di adesso, ma adesso è palese. Un distacco che nasce con Trump e il suo approccio aggressivo al mondo e alla globalizzazione.

Il presidente Usa ha più volte ipotizzato e imposto sanzioni contro le industrie tedesche, in particolare quelle automobilistiche (identificate come una “minaccia alla sicurezza nazionale”), e la sua amministrazione ha minacciato sfracelli contro il Nord Stream 2, che porterà il gas russo direttamente in Germania.

Il rapporto con la Russia

Una pressione insistente che però non ha spaventato i tedeschi, che nel recente incontro Merkel-Putin hanno ribadito la loro determinazione a portare a termine il contestato gasdotto.

Peraltro, in questo incontro, si è delineato il summit di Berlino, che il 19 ospiterà un incontro sulla Libia, alla quale sembrano disposti a partecipare sia Serraj che Haftar, che si contendono il governo del Paese, cosa che sottende un interesse anche mediterraneo della Germania.

Il fatto che l’annuncio ufficiale di tale vertice sia stato dato subito dopo quello analogo di Mosca (fallito a metà: comunque Putin è riuscito a convocare i due irriducibili duellanti) indica che la collaborazione con la Russia va ben oltre il Nord Stream 2.

La corsa in solitaria della Germania

Berlino va avanti, dunque, nonostante il contrasto americano. E forse la criticità iraniana, che ha rischiato la Terza Guerra mondiale, spaventando tanti, ha contribuito ad accelerare tale processo.

Nel mondo non più globalizzato – la globalizzazione sopravviverà, ma in altra forma -, la Germania si sta attrezzando alla corsa in solitaria.

Allentati, anche se non rotti, i vincoli che la costringevano nella ristretta sfera occidentale, si sta predisponendo a competere con gli altri Stati-nazione, America compresa, dispiegando una libertà d’azione nuova.

Resta da capire come ciò inciderà sull’Unione europea, ma è prematuro fare analisi prima dell’ormai prossima Brexit, che peraltro potrebbe rilanciare il vecchio e innato antagonismo tra l’insulare Britannia e il continente a trazione teutonica.

In attesa degli sviluppi europei, va registrata come novità questa nuova proiezione tedesca, che da gigante economico e nano politico vuole acquisire un peso geopolitico mai rincorso finora. Nuovo e importante tassello verso la de-globalizzazione del mondo.