8 Gennaio 2018

Di intelligence e stragi

Di intelligence e stragi
Tempo di lettura: 2 minuti

Un agente della DRPP (Direzione dell’intelligence della prefettura di Parigi) aveva intercettato i messaggi del killer dell’Isis che avrebbe ucciso padre Hamel mentre celebrava messa nella chiesa di Saint Etienne, nel paesino di Saint-Etienne-du Rouvray, presso Rouen (la città natale di François Hollande).

Stefano Montefiori, sul Corriere della Sera del 5 giugno, rivela nei dettagli quel che l’agente aveva trovato sul conto dell’assassino: «118 fotografie, 3 video, 29 documenti, 89 messaggi vocali e 89 link postati da @Jayyed, che racconta dei suoi tentativi di andare a fare la jihad in Siria, invita gli amici della zona di Rouen ad assistere ai corsi che tiene “in una moschea di Saint-Etienne-du-Rouvray” e esorta a usare il coltello per decapitare: “Si va in una chiesa dove si pratica il politeismo e si ammazzano tutti”».

Più che indizi, proclami pubblici, che l’agente aveva girato alle autorità competenti che l’hanno ignorate. Una superficialità riscontrata in altri attentati griffati Isis in terra di Francia, che hanno visto in azione killer attenzionati da tempo dall’intelligence.

La più grave di tali superficialità è riscontrata in occasione dell’attentato alla Promenade des Anlglais a Nizza, quando un camion lanciato sulla folla ha ucciso 86 persone. Il cronista del Corriere scrive infatti che il tir «ha potuto percorrere nei due giorni precedenti — per undici volte — la Promenade des Anglais vietata al traffico pesante, è salito per prova sui marciapiedi ed è stato registrato invano dalle videocamere di sorveglianza».

Qualcuno ricorderà come l’antiterrorismo di Parigi chiese poi al Comune di Nizza di cancellare le videoregistrazioni relative all’attentato alla Promenade, richiesta che innescò non poche, e non ingiustificate, polemiche (vedi Piccolenote).

Montefiori annota che nessun funzionario dell’intelligence ha pagato per tali  negligenze, solo i morti ammazzati dalla follia satanista dell’Isis.

A parte, ovviamente, l’allora primo ministro transalpino Manuel Valls, che quando si recò a rendere omaggio alle vittime di Nizza fu sommerso dalle contestazioni, al grido  «assassino!». Una contestazione che probabilmente ha pesato sulla sua carriera politica, che infatti non gli ha riservato un roseo avvenire (nonostante si fosse proposto, Macron lo ha escluso dal novero dei suoi collaboratori).

Sulle colpe dell’intelligence francese (ne abbiamo già scritto, ma repetita iuvant), come anche di altre intelligence occidentali, grava un peccato originale: essi hanno deliberatamente dato luce verde alle reti di arruolamento, di addestramento (e altro) di jihadisti di vario stampo nei propri Paesi.

Tali reti, infatti, erano funzionali alle prospettive di regime-change in Siria e altri Paesi arabi (ad esempio Libia) a lungo accarezzate e portate avanti in vario modo dalle cancellerie occidentali. Tale legione straniera godeva quindi di una sorta di impunità. Che si è ritorta contro i cittadini d’Occidente.

Un’impunità di cui forse si sono giovati per trasmissione anche quanti, nell’intelligence e altrove, hanno chiuso deliberatamente gli occhi sulle reti del Terrore, che, come si evince dalla storia di padre Hamel e di Nizza, erano (e forse sono) meno occulte di quanto si poteva sembrare.

Speriamo che quella tragica stagione sia finita, ma non ne siamo del tutto convinti. Il fatto che nessuno abbia pagato il fio di certi errori indica che essi, o almeno alcuni di essi, sono ancora ai loro posto.