Il drone abbattuto a Kiev, quello sul Cremlino e le stragi in Serbia
Tempo di lettura: 3 minutiSta facendo il giro del mondo la notizia che un drone russo sarebbe stato abbattuto sopra il palazzo presidenziale di Kiev. L’attacco sarebbe una ritorsione al drone inviato sul Cremlino in precedenza (La Sette). In realtà, come si legge sul Kyivpost, non un media russo, era un drone ucraino finito fuori controllo. Tante le falsità che circolano su questa guerra…
Mosca risponderà all’attacco al Cremlino, ma quando lo riterrà “necessario”, come ha detto l’ambasciatore russo negli Stati Uniti. A riportare le dichiarazioni di Anatoly Antonov è M.K. Bhadrakumar su Indianpunchline, in un articolo dal titolo: “Il destino del regime di Zelensky è segnato”.
Secondo l’analista, dopo l’attacco, la Russia non avrebbe altra scelta che eliminare i suoi nemici di Kiev, ormai troppo pericolosi. Si era contenuta finora, ora si toglierà i guanti.
La scelta sarebbe facilitata dal disimpegno americano che, secondo Indianpunchline, starebbe iniziando a defilarsi, come dimostrerebbero le parole del Capo di Stato Maggiore Mark Milley, che in un’intervista a Foreign Affairs non solo ha espresso dubbi sull’esito della controffensiva, ma addirittura è rimasto sul vago sulla sua effettiva attuazione.
Drone: azione disperata e le pressioni sul Cremlino
Il defilarsi dell’amministrazione Usa, secondo l’analista, sarebbe uno dei motivi per cui Kiev e i suoi sponsor neocon avrebbero deciso di lanciare l’improvvido attacco al Cremlino. Il tentativo sarebbe quello di innescare una reazione che avrebbe stretto attorno a Kiev i riluttanti alleati e magari a intervenire nella guerra (quest’ultima opinione è stata espressa dall’analista Cia Larry Johnson). Non è riuscita nello scopo: la reazione ci sarà, ma sarà a freddo e calcolata.
Non sappiamo se davvero il Cremlino stia meditando tali cose. Certo è che Putin fa fatica a frenare la furia delle sue élite, che chiedono una risposta dura. Poco prima della guerra, il presidente russo subì analoghe pressioni perché prestasse soccorso ai russi del Donbass in fuga dalle bombe ucraine (Il Riformista). E fu l’invasione. Vedremo.
La controffensiva ucraina, però, nonostante tutto, si farà. Come ha riferito il The Times, Kiev è costretta a procedere dopo averla tanto sbandierata, anche se fosse conscia della sua tragica inutilità.
Da qui l’intensificarsi degli attacchi ucraini in Crimea e in territorio russo, per erodere la logistica del nemico (anche l’attacco al Cremlino faceva parte di tale preparazione, ma con tutt’altra finalità).
I russi si stanno preparando, come dimostra l’intensificarsi dei bombardamenti per tagliare le ali all’attacco nemico, ma anche il fatto che sta evacuando i civili dell’area di Zaporozhye, dove probabilmente ci sarà l’attacco (forse anche l’annuncio del ritiro da Bakhmut da parte della Wagner entro il 10 maggio fa parte della stessa logica).
La confusione, le stragi in Serbia
Momento confuso, perché gli ucraini e i loro sponsor sanno che stanno rischiando tutto e appaiono alquanto disperati, come dimostrano gli attacchi in territorio russo. Inutili a livello strategico, vorrebbero tentare di confondere il nemico: una strategia del caos che non ha nulla a che vedere con l’esito della guerra.
Anche gli Stati Uniti sembrano confusi, come dimostrano le dichiarazioni stralunate del Segretario di Stato Tony Blinken, il quale continua a ripetere che l’attacco al Cremlino è stata una false flag, ipotesi risibile. E come gli Usa, l’Europa, che continua il suo vacuo, altisonante, balbettio. Tale il drammatico teatrino europeo, i cui fili ormai sono manovrati da oltreatlantico.
In questo drammatico teatrico, le stragi che hanno insanguinato la Serbia: otto studenti e un agente della sicurezza sono stati uccisi da uno studente due giorni fa e, nella notte tra ieri e oggi, altre otto persone sono morte sotto il fuoco di un uomo che indossava una maglietta con “simboli neonazisti“. “Un attacco a tutto il Paese”, ha dichiarato il presidente Aleksandar Vucic riguardo quest’ultimo.
Già alle prese con le conflittualità locali, generate dalla guerra del Kosovo e dall’intervento Nato, e costretta a barcamenarsi per la sua posizione quasi filo-russa sul conflitto ucraino (motivo di frizione con l’Occidente), Belgrado si trova precipitata nel terrore e nel caos. La Ue dovrebbe aiutare, ma sembra non saper far altro che balbettare a comando.