Dubbi israeliani sull'arresto del killer di Bruxelles
Tempo di lettura: 2 minutiIl sito israeliano Debka File, in un articolo pubblicato il 1 giugno, mette in dubbio che Medhi Nemmouche, arrestato a Marsiglia alcuni giorni fa, sia davvero il responsabile dell’attacco al Museo ebraico di Bruxelles, avvenuto il 24 maggio e costato la vita a quattro persone. L’uomo catturato a Marsiglia è stato individuato come autore della strage perché le sue borse contenevano le armi presumibilmente servite all’attentato e un video auto-accusatorio. Questi i dubbi di Debka file:«Se davvero Nemmouche era l’attentatore, è difficile spiegare perché abbia passato i successivi 5 giorni a Bruxelles nonostante sapesse che ogni poliziotto lo cercava. Questo è uno degli enigmi. Né lui né i 2 bagagli pesanti che portava sull’autobus per Marsiglia sono stati perquisiti quando l’autobus è partito, o quando ha attraversato il confine belga-francese, nonostante ci fosse una caccia all’uomo per catturare il killer di Bruxelles». Quindi, dopo aver accennato ai precedenti penali dell’uomo e aver spiegato che era sempre in movimento da uno Stato all’altro (Turchia, Siria e Libano, Regno Unito), afferma che «i suoi continui spostamenti» portano ad un altra spiegazione «che cioè venisse utilizzato come commesso viaggiatore per organizzazioni terroriste islamiche e che fosse pagato per trasportare armi di contrabbando, munizioni, fondi e droga tra varie celle. Anche in Siria si sospetta che il suo ruolo principale fosse contrabbandare armi dalla Turchia e dal Libano per le milizie islamiste che combattono contro Bashar Assad».
Conclude Deka File: «Se questo era il suo ruolo allora il sospetto potrebbe non essere l’attentatore principale nell’attacco al Museo di Bruxelles, ma un complice assunto per prendere le armi ed altre prove dal killer quando questo ha abbandonato la scena.
Nemmouche potrebbe persino essere giusto un’esca, e le vere armi dell’assassino e le prove scomparse da tempo con esso». Se anche fosse un complice dell’attentatore, sempre secondo il sito, è improbabile che questi possa dare informazioni sulla rete che ha organizzato l’attentato, dal momento che i «suoi contatti saranno soggetti senza nome che non ha mai incontrato faccia a faccia. I beni per cui lui era pagato per consegnare saranno stati lasciati in punti di ritrovo segreti utilizzati solo una volta. Ed il killer di Bruxelles non sarà rimasto nell’Europa Occidentale. Se ne sarà andato pulito ed avrà assunto un’altra identità».
Nota a margine. Abbiamo riportato l’analisi di questo israeliano perché è notoriamente bene informato, come si evince anche dagli accenni finali su come vengono gestite di solito le reti terroristiche e similari. L’analisi conferma i dubbi avanzati nel nostro piccolo e, se risponde ad alcuni interrogativi, ne suscita altrettanti. In particolare due: chi ha davvero armato la mano al professionista che ha agito al Museo ebraico? E perché le autorità hanno trionfalmente chiuso in fretta questa inchiesta con un arresto spettacolare quanto poco convincente?