13 Luglio 2020

Santa Sofia è moschea. La sfida di Erdogan all'Arabia Saudita

Santa Sofia è moschea. La sfida di Erdogan all'Arabia Saudita
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Recep Erdogan ha emanato un decreto per convertire in moschea l’antica basilica cristiana di Santa Sofia. Una semplice restituzione al vecchio status, secondo il presidente turco, dato che la più importante basilica di Costantinopoli, eretta sotto Giustiniano nel  537, era diventata moschea quando la capitale dell’Impero romano d’Oriente cadde in mano agli Ottomani nel 1453, e tale era rimasta fino al 1934, quando Ataturk la tolse all’islam per farne un museo.

Un’iniziativa politica, e di alta politica, dato che con questa mossa, di fatto, Erdogan dichiara chiusa l’era di Ataturk e del suo nazionalismo laico, e rilancia con forza la sua idea di riportare la Turchia ai fasti dell’Impero Ottomano.

Un sogno geopolitico di stampo imperialista, che ha infiammato il confronto con i curdi, in patria e altrove (Siria e Iraq), e ha alimentato l’improvviso, e spesso improvvido, espansionismo turco, a livello sia militare (con gli interventi in Siria, Iraq e Libia) sia politico, con il sostegno alle forze affiliate ai Fratelli musulmani nel mondo arabo (anche se l’unico vero successo a questo livello, quello del partito Ennadha in Tunisia, è durato pochino).

La decisione di rifare di Santa Sofia una moschea ha suscitato reazioni, in particolare nella Chiesa cattolica e ortodossa: critici i commenti del Patriarca di Costantinopoli e di Mosca (Vatican News), ai quali ha fatto seguito un sentito, addolorato, accenno puntuale di papa Francesco.

Su Anadolu, invece, nel riferire il plauso del mondo arabo, si annotano le felicitazioni del Gran muftì dell’Oman, paese legato a filo doppio con la Turchia, e quelle del portavoce dei Fratelli musulmani, che ha definito quanto avvenuto un “passo storico” .

Nessun elogio pubblico da parte delle più importanti autorità religiose del mondo sunnita diverse dai Fratelli musulmani, né di quelle sciite.

Al solito, Erdogan non ha tenuto in nessun conto le critiche, certo preventivate, bollate come indebite ingerenze alla sovranità turca.

Decisione irrevocabile, dunque, che va in parallelo con la proposta avanzata da Erdogan nell’ultimo vertice con Putin e Rouhani – summit iniziati ad Astana e ormai consueti tra i tre leader – di sostenere la sua sfida all’Arabia saudita per la leadership dell’islam sunnita, detenuta da Riad, in cambio di un più deciso allontanamento di Ankara dagli Stati Uniti (al Manar).

Erdogan ha esortato i leader delle due potenze a prendere atto che l’allineamento di Riad agli interessi degli Usa e di Israele è irreversibile. Una situazione che alimenta l’ostilità dei mondo sunnita verso Russia e Iran.

La situazione sarebbe diversa, ha spiegato Erdogan, se a detenere la leadership del mondo sunnita fosse la Turchia, da cui la richiesta di sostegno al suo sogno neo-ottomano. La proposta, però, non ha trovato il consenso sperato, nonostante fotografasse perfettamente la situazione e fosse allettante.

Nonostante l’aperta ostilità del mondo sunnita all’Iran e quella meno aperta verso la Russia, i leader di tali Paesi sanno che intrupparsi nel sogno di Erdogan comporta rischi; peraltro negli anni hanno avuto modo di verificare l’inaffidabilità del Sultano di Ankara, pronto a cambiare casacca in un baleno. Meglio evitare.

Russia e Iran, dunque, rifiutato cortesemente l’invito, continueranno ad avere rapporti a geometria variabile con la Turchia, mentre questa proseguirà la sua corsa in solitaria appoggiandosi ora alla Nato, ora alla Russia, a seconda della convenienza del momento. Corsa legittima, se non fosse per l’alto tasso di conflittualità che l’accompagna.

A tale corsa, nonostante sia fortemente corroborata dagli elementi religiosi forniti dai Fratelli musulmani, mancava un centro spirituale eminente. Per intendersi, una sorta di Mecca, che invece può esibire l’Arabia Saudita.

Erdogan ha così voluto dare al suo progetto geopolitico un respiro religioso più profondo, regalando Santa Sofia all’islam sunnita legato ai Fratelli musulmani. L’iniziativa dunque non ha solo un carattere propagandistico, ma cela una strategia e, almeno nei sogni del Sultano, apre nuove prospettive. Vedremo.

 

Ps. Per quanto riguarda la cristianità, dopo lo sconcerto iniziale, se ne farà una ragione. In fondo per 600 anni Santa Sofia è stata moschea senza che ne abbia avuto eccessivo nocumento. Il problema non sono le moschee piene, ma le chiese sempre più vuote…