Erdogan vuole imbrigliare il Parlamento
Tempo di lettura: 2 minutiCose turche. Così sulla Stampa del 3 maggio: «Il parlamento [turco nrd.] era stato chiuso fino a ieri a causa degli scontri tra parlamentari esplosi durante un dibattito sull’immunità parlamentare. Rissa che si è ripetuta oggi, con i deputati dell’Hdp (filo curdo) cacciati a calci e pugni dall’aula dai colleghi dell’Akp del presidente Recep Tayyip Erdogan».
A scrivere è Raphael Zanotti che dettaglia il motivo degli scontri: in ballo c’è «il disegno di legge che mira a togliere l’immunità ai deputati per i quali viene chiesto il rinvio a giudizio, secondo l’opposizione una legge che colpirebbe molti esponenti dell’Hdp considerato vicino al Pkk e che il presidente ha spesso auspicato finiscano in manette
».
Nota a margine. Mossa che, dietro un’apparente cavillo legale, mira a far sparire le opposizioni dal Parlamento. Contro i deputati dell’opposizione le accuse sono già formulate: terrorismo. Se la legge passa, ed è difficile che non avvenga, l’Hdp sparirà dal Parlamento o sarà ridotto all’inanità.
Quel che si sta realizzando in Turchia ha una definizione inequivocabile: regime. La cosa più sconcertante è che il mondo occidentale, e in particolare l’Europa, accoglie con indifferenza tale deriva. Anche la notizia riportata in nota è solo un inciso all’interno di un articolo sul dialogo tra Bruxelles e Ankara riguardo l’abolizione dei visti di ingresso nella Ue per i cittadini turchi.
Certo, la Turchia ha una grande forza di ricatto, dal momento che può scaricare sul continente enormi masse di migranti. Ma la storia insegna che fare accordi con i dittatori, anche se sembra pagare nell’immediato, nel medio e lungo periodo non risolve il problema che essi pongono alla stabilità geopolitica: anzi, li rafforza rendendoli ancora più pericolosi.
L’accordo di Monaco con Hitler dovrebbe insegnare qualcosa.
Il problema è che a Bruxelles sperano in questo modo di contenere l’aggressività di Erdogan nei limiti del Medio Oriente e dell’area mediterranea, sviluppo naturale del suo vecchio sogno neo-ottomano. E che quindi, in cambio della propria stabilità, basta immolare sull’altare delle ambizioni del Califfo di Ankara la Siria e le altre nazioni del Mare Nostrum sulle quali immagina di estendere la sua influenza tramite i Fratelli musulmani, legati a doppio filo con la Turchia.
Un’idea, oltre che disumana (vedi guerra in Siria), poco intelligente: la spinta per realizzare il progetto neo-ottomano, oggi come in passato, non potrà che generare un confronto sempre più critico tra Ankara e l’Europa.