La costante escalation della NATO verso la guerra globale
Tempo di lettura: 4 minuti“L’idea che invieremo dell’equipaggiamento offensivo e faremo arrivare aerei, carri armati e treni con piloti americani ed equipaggi americani, capisci… si chiama Terza Guerra Mondiale, ok? Andiamo, dai, ragazzi […] non combatteremo la terza guerra mondiale in Ucraina”. Così Biden, lo scorso marzo, rispondendo alla sollecitazione di un cronista.
I carri armati sono arrivati e ora, come riferisce Politico, è iniziato il prossimo step, cioè si inizia a parlare di inviare jet. L’Olanda ha già dato la sua disponibilità a inviare degli F-16, i velivoli richiesti da Kiev, ma soprattutto ad annunciare di essere pronta a fornire tali jet è la casa produttrice, la Lokheed Martin (Financial Times).
Sia i carri armati che i velivoli da combattimento necessitano di personale specializzato e le dichiarazioni sull’addestramento di personale ucraino suonano alquanto bizzarre. Davvero qualcuno può credere che in quattro-sei mesi si può fare di un maestro di scuola, di un avvocato o di un contadino un pilota di un carro armato moderno o di un F-16?
A pilotare i nuovi armamenti sarà personale NATO in incognito (per i carri armati forse basterà uno per equipaggio, ma poco cambia). E così siamo letteralmente nella drammatica situazione che Biden aveva escluso categoricamente.
Un diniego ribadito con determinazione tre giorni fa dal capo della Nato Jens Stoltenberg, il quale ha dichiarato che la Nato non avrebbe inviato “truppe o jet”, aggiungendo che tale possibilità è del tutto “fuori discussione”. Il che significa che saranno inviati.
NATO: non genio, ma follia
Ma prima di parlare delle truppe, val la pena riferire quanto riporta Politico, secondo il quale nelle Cancellerie occidentali le consultazioni sull’invio dei jet sono “già in corso, sotto la spinta dei funzionari ucraini, supportati dagli aggressivi stati baltici”. Nella prossima riunione di Ramstein, che si terrà il mese prossimo, tale tema “sarà al centro dell’attenzione”.
Ma ci sono forti resistenze. Così “alcuni funzionari ritengono che l’incontro del prossimo mese a Ramstein sarà focalizzato sull’elaborazione di un piano di emergenza, nel caso in cui i caccia urgessero in futuro, piuttosto che sulla ricerca di un accordo per delle forniture a breve”.
“Gli alleati europei dell’Ucraina prevedono che il conflitto potrebbe durare dai tre ai cinque anni, se non più, e si teme che l’Occidente sia prossimo al limite di ciò che può fornire a Kiev senza innescare una risposta estrema da parte di Mosca”.
Tale considerazione va messa in relazione a quanto si legge successivamente, quando il giornale americano accenna al fatto che il supporto all’Ucraina è stato modulato secondo una studiata “costante escalation”.
Per Politico, se l’Occidente avesse fornito subito a Kiev quanto richiesto, avrebbe rischiato una reazione spropositata dei russi. Invece, “l’idea era che l’Occidente fornisse il proprio supporto gradualmente, valutando ad ogni passo la risposta russa”. Ciò serviva anche a “far abituare Putin” ai vari passi (sic).
In realtà, questa escalation modulata che vedrebbe gli strateghi d’Occidente infusi di un genio senza pari è, invece, frutto di un conflitto più o meno segreto, che a volte affiora anche sui media mainstream, tra la ragionevolezza di un certo potere occidentale, che sta tentando (inutilmente) di chiudere questa pericolosa deriva, e la follia dei falchi, supportati dall’apparato militar-industriale Usa.
E la costante escalation evidenzia le varie vittorie conseguite da questi ultimi. Non genio, dunque, ma follia. Non solo, l’escalation deriva anche dagli sviluppi del conflitto. Dal momento che la propaganda non ha mai mutato la sua narrazione sulle gloriose, e certamente vincenti, gesta delle forze ucraine, si pone il problema di far coincidere tali astrusità con la realtà.
Perché ciò avvenga, l’Occidente si deve impegnare sempre più nel conflitto, man mano che tale narrazione si scontra con una realtà di segno opposto, dal momento che i russi per ora stanno vincendo la guerra. O, come nel caso dell’invio dei carri armati, anche per nascondere le sconfitte, nascondendole con annunci iperbolici, che servono anche a evitare che i media si soffermino sulle notizie dal fronte, che negli ultimi giorni sono disastrose.
Morire per Kiev?
A Bakhmut, infatti, le forze ucraine sono state accerchiate, con prospettive nefaste. E qui veniamo all’ultimo punto, cioè al possibile invio di truppe.
Purtroppo, dopo un anno di guerra, l’esercito ucraino è degradato. Dei 600mila militari ucraini iniziali, tanti saranno morti – una cifra spropositata, dal momento che nessun media ne parla, per paura di indurre l’opinione pubblica a chiedere la fine del conflitto – e una cifra molto più spropositata non è più abile al combattimento (feriti gravi e mutilati).
Ciò anche per le direttive dei generali ucraini, che chiedono ai loro uomini di tenere a tutti i costi anche posizioni indifendibili (Mariupol e Bakhmut sono solo due esempi).
Non solo per ragioni patriottiche, ma anche per tentare di non vanificare la narrativa vincente dei media atlantisti (nonché per “indebolire la Russia“, come da esplicitazione del Segretario alla Difesa Lloyd Austin, cosa che richiede di uccidere – “far sanguinare” – i russi, anche a costo di sacrifici umani; ucraini, ovviamente).
Il punto è che il degrado di un esercito, se anche procede lentamente, si manifesta di schianto quando si supera un certo limite. Nel caso dell’esercito ucraino il rischio è reale, data anche l’ampiezza del fronte e la fuga di tanti ucraini all’estero, che limita la coscrizione.
Né possono sopperire i mercenari provenienti da tutto il mondo. Attualmente ce ne sono tanti: oltre al gruppo Mozart, composto da veterani Usa, The Week dà notizia “di una serie di gruppi di volontari guidati da veterani occidentali […]. Gruppi come Trident Defense Initiative, Ghosts of Liberty o Backyard Camp [che] accettano ‘pagamenti tramite PayPal, Bitcoin o cash'”.
Il punto è che i mercenari, benché efficaci a supporto di un esercito, non possono da soli “fare” un esercito. Così, per evitare il collasso del fronte, chi vuol far proseguire questa guerra dovrà prima o poi spingere per inviare delle vere e proprie truppe Nato, in forme da decidere. Insomma, prima o poi potrebbe riproporsi la fatidica domanda: morire per Kiev?
In Polonia iniziò la Seconda guerra mondiale. In Ucraina – metà della quale era parte della Polonia – sembra sia iniziata la quarta.
Nella foto, un Leopard 2 distrutto in un’operazione turca in Siria. Solo per suggerire che non esistono carri armati magici…