11 Marzo 2016

Failla e Piano: non è stata un'esecuzione

Failla e Piano: non è stata un'esecuzione
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«Nessun colpo alla nuca sparato a freddo e da vicino. Quindi nessuna esecuzione, come invece avevano annunciato esponenti del governo di Tripoli. Dal punto di vista investigativo questo è il risultato più interessante che si è ricavato dall’autopsia dei cadaveri di Salvatore Failla e Fausto Piano, i due tecnici della Bonatti uccisi il 2 marzo in uno scontro a fuoco tra i loro sequestratori e le milizie di Sabrata». Così sulla Repubblica dell’11 marzo (“Failla e Piano uccisi da raffiche“), nella quale si dettaglia anche come l’autopsia compiuta in Italia sia stata in parte inefficace a causa di quella effettuata in precedenza dai medici libici, che hanno cancellato elementi importanti per la ricostruzione degli eventi (hanno ad esempio lavato i corpi).

 

Nota a margine. La notizia è interessante anche sotto un altro profilo. Subito dopo lo scontro a fuoco l’informazione che passò fu quella di una esecuzione da parte dell’Isis. Un’evidente manipolazione che ha rischiato di precipitare l’Italia in una guerra.

 

Invece le cose sono andate diversamente. E a quanto pare l’Isis non c’entra affatto in questa torbida vicenda: catturati da una banda di miliziani, i due sono stati uccisi da altri miliziani, quelli di Sabrata, in un conflitto a fuoco che ha visto opposte le due bande. Vicenda che suscita tante domande: sulla vera dinamica dei fatti, sulle tante incredibili menzogne diffuse dalle autorità di Sabrata e da altre fonti, libiche e non, sull’intossicazione dell’informazione e altro. 

 

Ad oggi dobbiamo accontentarci di una mezza verità che vede i due tecnici italiani rimasti vittime di un tragico indicente. Forse non sapremo mai come sono andate davvero le cose, anche per la manomissione delle prove in sede di autopsia. 

Né potremo mai aver risposta a una domanda, che riteniamo legittima, che ci ha posto un lettore: se in realtà tale duplice assassinio non sia maturato all’interno di un piano ben preciso, volto a creare un casus belli per spingere l’Italia a intervenire militarmente in Libia.